Con l’estate si ripropone il tema dell’abbandono degli animali domestici, circa 150mila tra gatti e cani. Molte le soluzioni per portarli con sé, anche in ufficio.

L’estate è tempo di vacanze, voglia di libertà, almeno per quella manciata di settimane che ci si riesce a concedere, purtroppo non tutti, durante l’anno. Ma l’estate è anche la stagione dell’abbandono, quello degli animali domestici, spesso dispersi in luoghi da dove difficilmente possono ritrovare la strada di casa.

In Italia ogni anno – secondo le stime dalla storica associazione Lavvengono abbandonati in media 80.000 gatti e 50.000 cani, più dell’80% dei quali rischia di morire in incidenti, di stenti o a causa di maltrattamenti.

Anche se – avverte l’associazione – l’estate non è l’unico periodo a rischio: «oltre il 30% dei cani viene abbandonato subito dopo l’apertura della stagione venatoria, perché l’animale non è bravo a cacciare».

Ma, estate o autunno, quello dell’abbandono degli animali, tanto amati durante il resto dell’anno, è un fenomeno odioso, soprattutto, un reato ai sensi della legge 20 luglio 2004 n. 189 (norma che vieta anche l’utilizzo di animali in combattimenti clandestini), punibile con una multa fino a 10mila euro.

Eppure tante sono le soluzioni per non abbandonare chi non si sognerebbe mai di lasciarci in un bosco o sopra un’autostrada, basta dare un’occhiata al sito www.vacanzebestiali.org dell’Ente Nazionale Protezione Animali che dispensa consigli su come viaggiare in compagnia dei propri amici animali: dai mezzi di locomozione, alle strutture alberghiere, ai ristoranti, alle case in affitto, alle spiagge pet friendly.

Una mappa, divisa per regioni, che in pochi minuti aggrega informazioni specifiche, accanto alle quali sono dispensati utili consigli su come pianificare la vacanza o cosa mettere in valigia per Fido e Micio, finanche su come interpretare il comportamento del proprio animale se in vacanza ci sembra diverso dal solito.

Ovviamente accanto ai consigli sono elencati anche i (sacrosanti) doveri dei possessori di animali, responsabili, per legge, dei loro comportamenti molesti e di eventuali danni a cose o persone. E se portare con sé il proprio amico a quattro zampe risultasse troppo impegnativo, ci si può rivolgere a strutture specializzate che si possono occupare di curarlo in nostra assenza, magari, con un previo e adeguato periodo di conoscenza per evitare il trauma della separazione improvvisa.

Come scegliere la struttura migliore? Sicuramente valgono alcune regole basilari come la grandezza dell’alloggio e la sua unicità (ogni animale deve avere il suo box, per una parte coperto), la frequenza e modalità della loro pulizia, la quantità e qualità della somministrazione del pasto (alcune pensioni forniscono razioni personalizzate o si informano, comunque, sui gusti e preferenze degli ospiti), la presenza o meno di uno spazio verde in cui l’animale può correre e muoversi liberamente e la vigilanza della struttura h 24.

“Accanto ad alcune regole generali – precisa Assunta, per oltre venti anni dipendente di una pensione per animali – io aggiungerei che una struttura seria debba necessariamente chiedere: vaccino di copertura per l’anno in corso, una sverminazione non superiore ai 6 mesi con vermifugo ad ampio spettro e un antiparassitario esterno anche per la leishmania, oltre che per zecche, pulci o altro”.

Ritornando al fenomeno dell’abbandono degli animali domestici, se in Italia ce ne sono circa 150mila ogni anno, per altrettanti i loro proprietari non vorrebbero separarsene nemmeno quando vanno a lavoro, forti anche degli studi (soprattutto americani) che evidenziano le ricadute positive in termini di aumento della qualità della perfomance del lavoratore se in compagnia del suo amico peloso.

A sperimentare sul campo i numerosi studi ci ha pensato la Ferray Corporation di Tokyo che due anni fa, per combattere lo stress dei dipendenti e incrementarne la produttività, ha assunto nove gatti mentre in America, paese in cima alle classifiche di quelli amici degli animali, insieme all’Ungheria, Amazon e Google hanno dato da tempo il via libera a questa pratica.

E in Italia come siamo messi? Il Belpaese non è di certo un esempio virtuoso, ma gli amici a quattro zampe possono fare compagnia ai loro padroni nella sede milanese di Google, in quella di Mars ad Assago, della Nintendo di Vimercate (il venerdi) e nei locali della nota azienda Purina pro plan, produttrice di cibi per animali. Tutte società, si nota, non di origini italiane. Ma un piccolo barlume di speranza ci viene dalla italianissima stilista Elisabetta Franchi che nella sua impresa ha istituito il “Dog Hospitality” mentre iniziano a mobilitarsi anche i dipendenti pubblici, come quelli del Comune di Torino che lo scorso anno si sono fatti promotori di una petizione per chiedere al loro datore di lavoro il permesso di portarsi Fido in ufficio.

Certo, poca cosa per gli italiani che per il momento possono accontentarsi di festeggiare il 23 giugno, da soli, la Giornata Mondiale dei cani in ufficio. Una candelina ben assestata su una lisca di pesce o sopra un osso ruspante, da immortalare naturalmente con un sorridente selfie così da poter gridare il proprio amore ai quattro venti o meglio, nell’epoca del web 3.0, ai quattro mondi (social).

 

 

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