Che gli studenti si fossero fatti spazio tra viandanti e pellegrini del passato, era risaputo. E se i viaggiatori per eccellenza, amanti del giaciglio di fortuna e del cibo per pochi spiccioli, volesseroavere una voce ancora più forte in capitolo? Eccoli accontentati. C’è soltanto l’imbarazzo della scelta nell’universo dell’Hostelling International, la più grande organizzazione senza scopi di lucro che rappresenta nel Mondo migliaia di strutture ricettive. Vi sono ostelli e ostelli, poiché –anche questo è risaputo – paese che vai, usanze che trovi: economici, abbordabili, accessibili, extra-lusso. Hostelworld.com da oltre dieci anni stila annualmente, sulla base delle valutazioni dei propri clienti, le proprie classifiche relativamente ai migliori ostelli del Mondo. Gli “Hoscars” sono assegnati per categorie, a seconda se gli ostelli siano piccoli, medi, grandi o extra-large – indicatore è il numero di posti letto –. Vi sono poi i “Vincitoriper continente”. Per l’Europa l’Home Lisbon Hostel e il Travellers House, sempre di Lisbona, salgono sul podio, preceduti dal Soul Kitchen di San Pietroburgo. Infine, abbiamo “I vincitori per Paese”– per il 2014, basandoci sulle recensioni del 2013, in Italia il migliore è l’Ostello Bello di Milano –, “Gli ostelli più popolari”– dal Flying Pig Downtown di Amsterdam al Home at the Mansion di Melbourne, passando per il Plus Florence di Firenze, e non dimenticando il Lemon Spirit Hostel di Rio de Janeiro – ed i “Vincitori per Criteri di Valutazione”, ovvero gli ostelli valutati secondo i criteri di qualità-prezzo, i servizi, la posizione, lo staff, la pulizia, la sicurezza e l’atmosfera. L’universo degli ostelli è talmente variegato che precipitare nell’imbarazzo della scelta sembrerebbe la conseguenza più scontata. Trascorrere una notte sotto un tetto con un budget inferiore ai venti euro sino ad oggi è stato possibile: le strutture ricettive che offrono la formula low-cost sono ancora numerose. Il Kick Ass Hostel di Edimburgo o il Deco Hostel di Cracovia, o ancora il “Camping Rialto” a Campalto, in provincia di Venezia continuano ad essere apprezzati da giovinastri in giro per il Mondo. Ma attenzione: si affrettino i signori, poiché quelle grandi camerate comuni, nella quali si condividono biscotti e storie scanzonate, sono desiderate anche da famiglie sempre più on the road. D’altro canto, non mancano soluzioni più innovative. Sono definiti “phostels”–posh hostels–, letteralmente “ostelli chic”. I prezzi per una sola notte lievitano, ma le camerate cedono il passo ad eleganti suite con arredi di design. Saranno i tempi che cambiano. Trivago.it ha stilato una singolare classifica per tale tipologia di ostelli di lusso. Troviamo il Kex, un’ex fabbrica di biscotti di Reykjavik, il Clink78, un ex tribunale dall’architettura vittoriana a Londra ed il Maverick Hostel di Budapest, un ex palazzo reale della dinastia degli Asburgo. L’idea di aprire un ostello, tanto per essere romantici, nasce nei desideri e nei sogni di adolescenti. Quanti hanno individuato nell’ostello un riferimento al proprio stile di viaggio e ridurre l’ostello ad una struttura low-cost potrebbe risultare riduttivo. L’ostello è spesso un’esperienza di vita, un mezzo di conoscenza che accomuna individui lontani per personalità e cultura. Allora, come aprire un ostello? Si deve sapere che è considerato secondo la legislazione vigente come un’impresa turistica, all’interno di una struttura ricettiva extra-alberghiera. Il primo passo sarà individuare i locali adatti ed in contatto con il Comune competente comprendere quali sono i requisiti minimi per aprire – requisiti igienico-sanitari, standard minimi obbligatori e requisiti funzionali –. Il secondo passo, quello cruciale per intenderci, è la stesura del proprio business plan, un documento indispensabile che descrive la propria idea imprenditoriale, analizza il mercato con i suoi potenziali clienti e concorrenti, definisce
l’offerta del servizio ed il suo prezzo, ed indica le possibili entrate, i principali costi e la scelta giuridica che si vuole adottare per il proprio esercizio. Il terzo ed ultimo passo sarà l’apertura dell’attività tramite Comunicazione Unica, una procedura telematica che consente in un unico passaggio l’apertura della posizione Iva, l’Iscrizione in Camera di Commercio e la comunicazioneal Comune competente per territorio attraverso la Segnalazione certificata di Inizio Attività – o SCIA –. Progettualità e lungimiranza saranno ovviamente alla base del tutto.

 

Danilo Capone

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