…non di specie.

«Alle elezioni europee avremo cinque donne come capolista», annunciò Matteo Renzi avviando la campagna elettorale nel 2014. Analizzando gli ultimi dati Istat, relativi a febbraio 2014, che denunciano ancora un’incredibile disparità di occupazione in base al genere del lavoratore, si intuisce perché candidare così tante donne risulti ancora un annuncio trionfale: in Italia il tasso di occupazione degli uomini, tra i 15 e i 64 anni, è del 64%, ma nella stessa fascia d’età c’è solo un 46,6% di donne occupate. Incoraggiare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro vuole, però, dire creare uno stato sociale in cui una donna possa lavorare senza dover rinunciare ad avere figli. Per coniugare carriera e maternità è, infatti, necessario che le aziende siano messe in condizione di scegliere liberamente se assumere un uomo o una donna, senza dover tener presente che l’una costituirà un “costo a perdere” per un più o meno lungo periodo di tempo, magari prevedendo sgravi fiscali realmente sufficienti a colmare la disparità per le imprese con dipendenti in maternità. Solo, infatti, permettendo alle donne di svolgere la stessa identica vita professionale degli uomini sin dall’inizio della carriera si potrà realmente risolvere sia il problema dell’occupazione femminile che quello del “tetto di cristallo”, ovvero l’insieme di barriere sociali, culturali e psicologiche che si frappone alla parità di genere.

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