In Italia ci sono oltre 11mila immobili e quasi 2mila imprese sequestrate alla criminalità organizzata grazie al lavoro incessante di magistratura e forze dell’ordine. Un tesoro il cui valore complessivo, secondo le ultime stime, supera i 30 miliardi di euro. Questo immenso patrimonio basterebbe da solo a risolvere molti problemi del Paese, eppure il 90 per cento continua ad essere inutilizzato, finendo col diventare il simbolo dell’incapacità gestionale di un apparato statale-burocratico ancora troppo ingessato.
Il problema vero è rappresentato dalle oltre 1.500 imprese sequestrate: il 98 per cento fallisce miseramente dopo pochi anni di gestione commissariale per due motivi. Il primo è che difficilmente riescono a sopravvivere una volta fuori dal circuito criminale, il secondo è che mancano figure manageriali in grado di gestirle con competenze aziendalistiche, di asset management. Perché gestire un’impresa agroalimentare è cosa diversa dal gestire un’impresa edile, per esempio. Da qui l’esigenza (diventata ormai urgenza) di formare gli amministratori giudiziari, figure altamente specializzate in grado di mantenere in vita i beni, una volta sottratti alle mafie. È questo l’obiettivo che si pone il Master dell’Università Telematica Pegaso in “L’amministrazione giudiziaria dei beni sequestrati e confiscati: profili giuridici e modelli operativi”, fortemente voluto dal presidente della Pegaso, Danilo Iervolino e dal suo direttore scientifico, Francesco Fimmanò, che hanno dato risposta alle esigenze di una categoria professionale. “Si tratta – spiega il professore Fimmanò – di un segmento importante che mette insieme il valore della legalità con il valore dell’economia. All’origine del Master c’è la volontà precisa di rompere le barriere ataviche tra l’Università e il mondo delle professioni e creare una sorta di democrazia del sapere. Tra qualche anno accadrà quello che già sta succedendo negli Stati Uniti: la laurea perderà il suo valore legale. Gli Atenei saranno chiamati a certificare le competenze”.
Magistrati, commercialisti e avvocati di alto livello compongono il comitato tecnico-scientifico: il presidente emerito della Corte Costituzionale, Giuseppe Tesauro; il presidente della Corte di Appello di Napoli, Antonio Buonajuto; il magistrato nazionale antimafia Mariavittoria De Simone; il docente di Diritto Penale della Federico II, Vincenzo Maiello; il professore Francesco Fimmanò; il magistrato della Dda di Napoli, Catello Maresca; il presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Napoli, Vincenzo Moretta; il consigliere dell’Ordine dei dottori Commercialisti, Arcangelo Sessa.
Per il presidente dell’Università Telematica Pegaso, Danilo Iervolino “il bene sequestrato è un tema spinoso per lo Stato perché molto spesso mancano figure specializzate. Il Master risponde proprio a questa esigenza. Lo partecipano 50 esperti tra magistrati, commercialisti e avvocati”. Gli fa eco Vincenzo Moretta, presidente dell’Ordine dei Commercialisti ed Esperti Contabili di Napoli: “L’amministratore ha un ruolo delicato, soprattutto perché le aziende sequestrate, una volta fuori dal circuito illegale, hanno difficoltà a sopravvivere alle condizioni del libero mercato. Come Ordine stiamo facendo la nostra parte anche grazie alla collaborazione con il Tribunale di Napoli”.
La lotta alle mafie passa per l’aggressione al patrimonio economico. Lo sa bene Catello Maresca, magistrato della Dda di Napoli, una vita sotto scorta la sua, passata ad indagare contro i clan di camorra, ad arrestare boss e gregari, nonostante continue minacce e ritorsioni. Maresca è uno dei componenti del comitato tecnico-scientifico del Master Pegaso sulla gestione dei beni confiscati e non le manda a dire quando afferma che lo Stato deve impegnarsi di più per sostenere chi ogni giorno opera con fatica e pochi mezzi per affermare la legalità. “Dopo tanto silenzio – dice – finalmente la questione della destinazione dei beni sequestrati è entrata nell’agenda di Governo e dall’estate scorsa è stata messa all’attenzione del legislatore. Mi conforta sapere che Raffaele Cantone abbia tratto frutto dalle nostre discussioni arrivando a proporre uno dei disegni di leggi”. Per il pubblico ministero il punto è questo: di fronte ad un patrimonio che si aggira intorno ai 30 miliardi di euro, la gestione viene scaricata “su un manipolo di magistrati che non hanno le competenze tecniche adeguate per gestire un simile patrimonio, anche alla luce della nuova legge sulla responsabilità civile delle toghe”. È giusto, si chiede Maresca, che una responsabilità così grande venga assegnata ai magistrati? “Io credo di no – afferma – e ce lo dobbiamo dire. È arrivato il momento di affrontare correttamente la questione della gestione dei beni confiscati, che appartiene ad un mondo che non è quello del giurista, ma è fatto di tecnici”. Il riferimento è ad un soggetto terzo, come potrebbe esserlo un Tribunale dei beni sequestrati, a composizione mista, sul modello del Tribunale dei Minori, fatto di figure altamente specializzate con competenze aziendalistiche di asset management. “Non possiamo più permetterci di trascurare un tesoro che da solo potrebbe risolvere molti problemi del Paese”, conclude il magistrato.