Erano infatti 3.106.251 gli Italiani iscritti nel 2006 all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero – AIRE– a fronte dei 5,5 milioni di connazionali nel Mondo nel 2020.
Sono questi i dati di partenza del “XVI Rapporto Italiani nel Mondo” elaborato dalla Fondazione Migrantes, un rapporto che in fede al proprio ideale originario – come da intenzioni nel 2006 dell’allora direttore generale mons. Luigi Petris e del direttore dell’Ufficio per la Pastorale degli Italiani nel Mondo don Domenico Locatelli – voleva “raccontare l’Italia che era partita per il mondo, o che non aveva mai smesso di farlo, mentre l’opinione pubblica era concentrata sugli arrivi nel nostro paese”.
Incremento paragonabile al Secondo Dopoguerra
La mobilità italiana all’estero è cresciuta ad un ritmo del 76 percento negli ultimi 15 anni: un fenomeno che per importanza ha condotto a paragonare il periodo sotto la lente d’ingrandimento con i dati disponibili sulla migrazione italiana agli anni successivi al secondo grande conflitto mondiale. Soltanto per il periodo gennaio-dicembre 2019 il rapporto calcola 131mila Italiani che da ogni provincia italiana hanno deciso di stabilirsi in altre 186 destinazioni sparse per il mondo.
Sono invece 257.812 le nuove iscrizioni all’AIRE nel 2019, delle quali circa il 51 percento per espatrio, il 35,5 percento per nascita ed il 3,6 percento per acquisizione di cittadinanza.
Gli Italiani nel mondo
Con riferimento all’area geografica delle Americhe, il rapporto riporta come dal 2006 oltre il 70 percento delle iscrizioni all’anagrafe sia avvenuto in Argentina – più 464.670 – ed in Brasile – più 329.206 –. In Europa, il dato è pressoché raddoppiato “grazie alla nuova mobilità” che in termini numerici corrisponde a “più 1.119.432, a inizio 2020, di quasi 3 milioni di residenti totali”.
Oltre ai paesi classici in termini di mobilità italiana europea – tra tutti si potrebbe pensare al Regno Unito che registra un incremento del 147 percento nel periodo – possono impressionare le crescite percentuali di mobilità italiana verso Malta – più 632,8 percento –, Portogallo – più 399,4 percento –, Irlanda – più 332,1 percento –, Norvegia – più 278 percento – e Finlandia – più 206 percento –, paesi definiti “nuove frontiere” della mobilità.
Sempre più diplomati all’estero
Infine, il rapporto smentisce il cliché sul racconto della mobilità secondo il quale coloro che decidono di partire sarebbero in prevalenzaconnazionali altamente qualificati alla volta di mercati più floridi e prospettive lavorative più interessanti: “A crescere sempre più è la componente dei diplomati alla ricerca all’estero di lavori generici”.
Per osservare la questione in termini statistici: “Se rispetto al 2006 la percentuale di chi si è spostato all’estero con titolo alto – laurea o dottorato – è crescita del più 193,3 percento, per chi lo ha fatto con in tasca un diploma l’aumento è stato di ben 100 punti decimali in più – più 295 percento –“.
Foto di Christian Battaglia; fonte unsplash.com
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