Non c’è partita per l’Italia almeno per quanto riguarda il rapporto elaborato dall’European Policy Information Center sulla competitività delle politiche fiscali nei paesi membri dell’OCSE, “The International Tax Competitiveness Index”: il Bel Paese si colloca alla posizione numero 36, su un altrettanto numero di paesi membri, dietro Portogallo, Polonia e Cile.
Chi sul podio e perché
Capovolgendo la classifica e guardando verso la vetta troviamo invece in prima posizione l’Estonia. A seguire Lettonia, Nuova Zelanda e Svizzera. Ad incidere sulla decisione di attribuzione del titolo di paesi con un fisco più competitivo la presenza di codici fiscali che mantengono basse le aliquote fiscali marginali.
Secondo l’EPI Center, alle cui pubblicazioni contribuiscono economisti provenienti tra gli altri dallo spagnolo Civismo, il francese Institut Economique Molinari, il britannico Institute of Economic Affairs e l’Istituto italiano Bruno Leoni, in un mondo ormai globalizzato con una mobilità continua del capitale le aziende hanno la possibilità di investire in un qualsiasi paese del mondo, se non in più paesi.
Le motivazioni alla base delle ricerche dell’azienda sono chiare: ovviamente, investirà laddove vi sia il più alto grado di rendimento, al netto delle imposte. Di conseguenza la questione si condensa in un triste epilogo: “Se l’aliquota fiscale di un paese è troppo alta – spiegano – ciò spingerà gli investimenti altrove, portando ad una crescita economica più lenta. Inoltre, aliquote fiscali marginali elevate possono portare all’elusione fiscale”.
Perché l’Italia è ultima
I due redattori firmatari dell’indice Daniel Bunn ed Elke Sann elencano alcune delle peculiarità fiscali italiche introducendo alla motivazione sul perché di un così basso posizionamento rispetto agli altri paesi OCSE: “L’Italia ha il sistema fiscale meno competitivo dell’OCSE – esordiscono – Ha una tassa sul patrimonio, una tassa sulle transazioni finanziarie e una tassa di successione. L’Italia presenta inoltre un elevato onere in relazione al sistema fiscale individuale”. A proposito poi della tassazione dei consumi “il sistema copre meno del 40 percento dei consumi finali, rilevando lacune sia in termini di politiche che di applicazione”.
Foto di Rober Anasch; fonte unsplash.com
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