La pandemia ha colpito duramente l’economia mondiale: secondo le stime della World Bank, nel 2022 il Prodotto Interno Lordo (PIL) sarà oltre 4 punti percentuali inferiore rispetto alle proiezioni calcolate nel periodo pre-pandemico.
Ulteriore divario
La dimensione globale della crisi però non cancella le difficoltà strutturali che impediscono ad alcuni Paesi di crescere come gli altri. Anzi, può acuire le differenze. Basti pensare che quando la pandemia ha colpito l’Italia, il nostro Paese non era ancora riuscito a tornare ai livelli di PIL di prima della crisi del 2008.
I dati dell’OCSE
Secondo le proiezioni di dicembre dell’OCSE, quindi prima che venissero definiti nel dettaglio i vari piani nazionali che attingono a Next Generation EU, il PIL italiano sarà inferiore di 2 punti percentuali rispetto al 2019, una riduzione doppia rispetto l’Eurozona. Per questo è essenziale utilizzare in modo efficiente le risorse stanziate.
Il nostro Paese è arrivato alla pandemia già molto fragile. Secondo l’OCSE, fatto 100 il PIL in Italia nel 2012, nel 2019 era appena 103.17: un tasso di crescita annuale medio che è stato soltanto un terzo di quello registrato nel resto dell’Eurozona. La Spagna, Paese simile al nostro, ha avuto un tasso di crescita del 2% nello stesso periodo.
La produttività
Un altro dato rilevante è la produttività. Pensiamo a un’impresa come una scatola nera in cui inserire materiali e mezzi di produzione, da cui otteniamo prodotti e servizi finiti: se ce n’è una da cui se ne ricava una quantità maggiore a parità di input, allora questa è più produttiva. Nell’impresa Italia la produttività è stagnante da almeno 20 anni: sempre secondo l’OCSE, la produttività è cresciuta solo dell’1.34% tra il 2000 e il 2019, contro il quasi 17% dell’Eurozona.
PIL e produttività sono solo il sintomo dei tanti problemi che ci hanno impedito di stare al passo con gli altri: digitalizzazione, formazione dei lavoratori, disoccupazione giovanile e partecipazione al lavoro femminile sono alcune delle aree su cui è necessario intervenire.
Il Recovery Fund è un’occasione unica per raddrizzare gli squilibri strutturali del nostro Paese. Se la perdiamo, rischiamo di restare il fanalino di coda.