Corpi pulsanti – estremamente vivi – fatti di carne, tendini, muscoli in contrazione. Corpi dinamici, “sinestetici”, in cui la vista diviene puro tatto. Corpi d’anima e colore; di grafite, carboncino, olio. Corpi moderni, da showbiz, che trasudano la potenza che solo l’arte figurativa classica e rinascimentale, fin’ora, è riuscita a veicolare.
È un universo antropocentrico quello di Nicola Verlato, un artista che, anche all’interno delle sue pochissime nature morte, non riesce a celare la sussistenza di un’alterità, di una fantomatica presenza fuori campo. Un universo di anatomie perfette – caravaggesche -, in costante movimento, in cui l’energia – che sia generata o subita dai soggetti – è perenne coprotagonista. Le ambientazioni – spesso surreali – dal sapore marcatamente contemporaneo, raccontano storie di un capitalismo violento, in cui, molto spesso, “l’azione/reazione” acquisisce una valenza negativa. Si susseguono, infatti, immagini in cui la forza diviene violazione fisica, come nella serie Car crash, Hooligans o nel quadro The gift. Il realismo di corpi e movenze è alimentato dalla perizia – quasi fiamminga – nella resa dei materiali. Come in dei moderni Giardini delle delizie, Verlato propone scenari complessi, dalle mille sfaccettature nascoste, all’interno dei quali i dettagli, fortemente simbolici, restituiscono significati dalla comprensione tutt’altro che immediata.