Recovery Plan, Recovery Fund, Next Generation EU, Budget europeo: qual è la differenza tra tutti questi nomi? Che cosa significano? E soprattutto quanti saranno i soldi che dovrebbero arrivare dall’UE?

Il PEPP

All’indomani della pandemia, non appena si è capito quale portata devastante questa avrebbe avuto sulle economie di tutto il mondo, l’Europa si è mossa con un piano che in molti dubitavano sarebbe arrivato a termine, anche perché non tutti i paesi membri erano d’accordo. Come prima mossa, attraverso uno strumento della BCE che si chiama PEPP – Pandemic Emergency Purchase Program – sono stati acquistati titoli pubblici e privati, per un totale che ammonta a 1850 miliardi complessivi.

Next Generation EU

Poi c’è il Next Generation EU, il cosiddetto Recovery Fund (anche se questa dicitura è imprecisa e incompleta; a breve spiegheremo perché). Il NextGen è un piano da 750 miliardi, con il quale per la prima volta i paesi dell’UE hanno deciso di fare debito comune, e che verrà finanziato quasi totalmente attraverso l’emissione comune di titoli sui mercati da parte della Commissione Europea. Ha tre principali obiettivi: sostenere la ripresa degli stati membri, rilanciare l’economia e sostenere gli investimenti privati. Uno degli strumenti più importanti di questo piano è il Recovery and Resilience Facility (RRF), da cui l’abbreviazione Recovery Fund.

Del NextGen l’Italia dovrebbe essere uno dei maggiori beneficiari. Il governo italiano stima che arriveranno 81 miliardi in sussidi e 127 miliardi in prestiti, un gruzzolo niente male ma che bisognerà dimostrare di saper spendere nel modo giusto. Perché la Commissione Europea, per raggiungere gli obiettivi condivisi, ha stilato una serie di linee guida per spendere questi soldi, assicurandosi che, ad esempio, la digitalizzazione o la riconversione energetica ricevano la giusta quota.

Il Budget europeo

Ma non ci sono solo questi 750 miliardi in campo, perché insieme al NextGen, c’è anche un piano emergenziale: è il Budget europeo che viene messo insieme dai paesi membri ogni sette anni. Lo chiamano anche MMF – Multiannual Financial Framework. I miliardi di euro in questa cassa, che riguarda il periodo che va dal 2021 al 2027, sono circa 1100. Sembra una cifra enorme ma, se divisa per i sette anni che deve coprire, si scopre che il Budget europeo è più piccolo di quello di alcuni stati, come il Belgio ad esempio. Questo perché non può mai superare un certo limite fissato in proporzione al reddito nazionale lordo complessivo degli stati membri.

Gli obiettivi

I ministri delle finanze di ogni stato e i membri del Parlamento Europeo approvano il Budget. Ci sono cinque voci principali di spesa, che però ricevono finanziamenti diversi tra loro. Un’ampia fetta del Budget si divide tra competizione e coesione, cioè investimenti per far crescere l’occupazione, la ricerca, l’istruzione e le infrastrutture, ma anche per la coesione territoriale, cioè per aiutare quei paesi rimasti più indietro a mettersi al passo.

L’altra grande voce di spesa è la conservazione e il mantenimento delle risorse naturali, cioè gli aiuti agli agricoltori, agli allevatori, ai pescatori, la spesa per gli aiuti all’ambiente. Quel che resta di questi fondi viene speso per attività internazionali, come la diplomazia e gli aiuti per i paesi in via di sviluppo o colpiti da catastrofi. Poi ci sono i costi dell’amministrazione: tutta la macchina burocratica e i dipendenti che lavorano per l’Europa. In ultimo c’è quel lavoro comune che si fa per combattere la criminalità tra i confini dei vari stati.

L’equilibrio fra entrate e uscite

I conti devono sempre tornare per il Budget europeo: non si può andare in deficit. Quindi è fondamentale che il totale di queste uscite corrisponda sempre alle entrate. Ogni stato membro contribuisce in misura proporzionale alla propria ricchezza: una parte di entrate viene dall’Iva che paghiamo e una piccola parte da multe varie, come quelle alle imprese che non rispettano le leggi sulla concorrenza tra stati membri.

Meno di un caffè al giorno

Il Budget europeo costa in media ad un cittadino membro meno di un caffè al giorno. Sta all’abilità di ogni Stato riuscire a riavere dall’Europa tutto quello che si è versato. Questa è la polemica di cui sentiamo parlare così spesso. Quando diciamo che l’Italia non riesce a sfruttare i fondi europei, ci si riferisce al fatto che quei soldi non sono un regalo dall’Europa, ma dei soldi che abbiamo già versato.

Errori non ammessi

L’Italia storicamente è tra i maggiori contribuenti dopo Germania e Francia ma versa più di quello che riesce ad avere indietro. Però, come sarà per il NextGen, l’Europa vuole un piano per accertarsi che vengano spesi nel modo giusto e non vadano semplicemente a gonfiare casse di stati inefficienti e malgestiti, ed è questa la sfida che, adesso che aspettiamo di ricevere più soldi, non possiamo permetterci di sbagliare, cosa che abbiamo già fatto in passato, ad esempio con il Budget europeo.

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