E’ nel programma elettorale di Giuliano Pisapia, primo cittadino di Milano, dal 2011: una grande moschea nel capoluogo lombardo, per i musulmani che vivono in città e per quelli che ci arrivano da turisti. Dopo più di tre anni la proposta è ancora sul tavolo, zavorrata da trattative, condotte prima dal sindaco e poi dal suo assessore alle Politiche Sociali, mai semplici. Un bando per l’assegnazione di spazi pubblici, in predicato dallo scorso settembre, vedrà la luce solo all’inizio del 2015 per le difficoltà della giunta arancione di trovare la quadra sui criteri di partecipazione alla gara. E intanto le forze dell’opposizione, per ragioni che riguardano la storia recente di Milano e lo scenario internazionale, sparano a palle incatenate contro un progetto che, semplicemente, “non s’ha da fare”.

Le ipotesi formulate da Palazzo Marino in questi anni sono state più di una. Si è passati dall’idea, filtrata da indiscrezioni giornalistiche, di una moschea per ogni quartiere, a quella di un grande progetto nel quale far confluire tutte le sigle dell’associazionismo islamico milanese, fino all’ipotesi di affiancargliene un secondo da affidare al finanziamento di paesi esteri. La scelta finale della giunta non è caduta su nessuno di questi piani. Hanno pesato l’impossibilità di raggiungere un’intesa tra il Comune, alcune delle sigle storiche dell’Islam milanese (come il Coreis) e il Caim, combattiva confederazione di associazioni islamiche lombarde rappresentate da Davide Piccardo, candidato (ma non eletto) nel 2011 al consiglio comunale milanese nelle fila di Sel.

Mancato l’appuntamento con Expo, Palazzo Marino ha sparigliato le carte: ecco un bando per affidare in concessione trentennale tre aree pubbliche. La gara è aperta a tutte le minoranze religiose di Milano e prevede che non più di due luoghi di culto possano essere assegnati alla stessa religione. Escluso, quindi, l’en plein islamico.

La fine della vicenda ancora non si vede. Le forze di centrodestra in Comune portano avanti, con diverse sfumature, un’opposizione consiliare che ha già costretto la giunta a recepire alcune indicazioni nel testo del bando. Nel momento in cui si scrive, i lavori sono bloccati da un ordine del giorno presentato dal centrista Matteo Forte. Inizialmente accolto con favore dalla giunta, la proposta di includere nel bando alcuni parametri previsti dalla Carta dei Valori del Viminale (come bonus nel punteggio a chi sottopone ad approvazione i propri ministri di culto) ha suscitato aspre reazioni in parte della maggioranza e nel Caim. Le stesse forze di centrodestra, che al Pirellone sono di governo, elaborano intanto una riforma della legge regionale sui luoghi di culto che potrebbe, se approvata prima della pubblicazione del bando, costringere Palazzo Marino a ricominciare da capo.

“L’ombra del minareto si allunga su piazza Duomo”, dicono i più allarmistici oppositori al piano del Comune. Ma, dopo tre anni, ad allungarsi sono solo i tempi di un progetto che Palazzo Marino non riesce a condurre in porto.

 

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