Come mai uno strumento introdotto più di 2700 anni fa è ancora così attuale e necessario? E in ogni caso è possibile farne a meno, abolendo la moneta nella sua forma fisica e affidandosi completamente ai pagamenti elettronici e digitali?

La storia

Storicamente, la prima moneta è stata coniata in una colonia greca dell’Asia minore nel VII secolo a.C. e il suo valore corrispondeva a quello dei metalli di cui era composta (una lega naturale di oro e argento chiamata elettro). La prima effige immortalata su una moneta è stata quella di Poseidone, dio del mare nell’antica Grecia, mentre il primo pezzo di carta identificabile come banconota sarebbe arrivato dalla Cina solo ottocento anni dopo Cristo e serviva come assicurazione per l’eventuale furto di metalli preziosi.

Gli economisti e i numismatici concordano nel non definirla “una scoperta”, dal momento che questa è stata la conclusione naturale di un lungo processo di ricerca di un mezzo che potesse soddisfare esigenze diverse, e costituire un controvalore per oggetti di varia natura. Un processo che non è mai terminato, almeno a giudicare dal contenuto dei nostri portafogli, ancora oggi pieni di monete e banconote.

L’Italia

L’Italia è tra i Paesi più affezionati al contante dell’Eurozona, secondo un report della Banca Centrale Europea, con l’82% delle transazioni che avviene con denaro fisico.

Il governo Conte bis ha intrapreso un percorso politico che mira a disincentivare l’uso del contante – attraverso l’abbassamento a 2 mila euro del tetto per le transazioni cash che diventerà mille dal 1 gennaio 2022 – e a incentivare l’utilizzo di pagamenti elettronici, come nel caso del “Piano Italia Cashless”, che dallo scorso 8 dicembre consente di recuperare il 10% della spesa fino a un massimo di 1.500 euro.  L’obiettivo del governo è quello di combattere l’evasione fiscale, così da «pagare tutti e pagare meno» spiegava a maggio il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.

Perché abolirla?

Attività criminali ed effetti positivi

A sostegno della tesi governativa esistono diversi studi, che indicano come alcune attività criminali risentirebbero non poco della stretta sui contanti (scippi, rapine, spaccio di droga e sfruttamento prostituzione), mentre gli esperimenti di un’economia cashless in Nigeria e India hanno mostrato effetti positivi sulla modernizzazione dell’apparato statale e sulla crescita economica. Si tratta però di esperienze che risentono del contesto socio-culturale di riferimento e per questo ha poco senso azzardare paragoni con l’Italia.

Lotta all’evasione fiscale

Un approccio volto a limitare l’utilizzo del contante porterebbe benefici anche in termini di lotta all’evasione fiscale, come sottolinea l’Osservatorio sui conti pubblici dell’università Cattolica di Milano, che cita il caso positivo dei 2,6 miliardi di euro di gettito recuperati dalla Corea del Sud nel 1999 grazie all’introduzione di incentivi fiscali per i pagamenti elettronici. Attualmente, secondo le stime Istat, l’economia informale e sommersa in Italia vale attorno ai 211 miliardi di euro l’anno, di cui 110 miliardi di mancate entrate relative all’evasione fiscale.

Costo del denaro

Un altro fattore pro-abolizione è il costo del denaro. Secondo un recente report pubblicato dalla Banca d’Italia, il nostro Paese spende ogni anno 7,4 miliardi di euro per produrre denaro contante (lo 0,44 per cento del Pil), mentre gli strumenti di pagamento elettronico costano in tutto 1,9 miliardi (lo 0,1 per cento del Pil). L’abolizione del contante, idealmente produrrebbe dunque un risparmio non indifferente per le casse dello stato.

Praticità

L’ultimo aspetto positivo per l’abolizione del contante è anche il più pratico. Il 2020 è stato l’anno che più di tutti ha cambiato le nostre vite e l’emergenza sanitaria globale ha modificato molte delle nostre abitudini quotidiani. Il denaro fisico è poco igienico: passando di mano in mano diventa potenzialmente veicolo di contagio. L’inizio della campagna di vaccinazione contro la Covid-19 può indurci a un cauto ottimismo, ma non sappiamo se e quando le nostre vite torneranno come prima: eliminando le transazioni fisiche, elimineremmo anche un possibile rischio per la salute pubblica.

Perché non abolirla?

Monete e banconote fanno parte delle nostre società da tempo immemore, rappresentano uno strumento mediamente meno comodo rispetto ai pagamenti elettronici (basti pensare al peso delle monete e alla necessità di utilizzare portafogli) e molto meno sicuro dal punto di vista sanitario. Eppure noi esseri umani amiamo il contante.

Psicologia

Secondo uno studio della Bundesbank (la Banca Centrale tedesca) i consumatori preferiscono avere a che fare con le banconote per due motivi: una questione tattile (il denaro di carta dà l’impressione di maneggiare un oggetto di valore, al contrario degli strumenti di pagamento elettronico) e di controllo (la disponibilità diretta di denaro è associata al sentimento positivo di dominare le proprie finanze).

Anziani

La fascia più anziana della popolazione, inoltre, è decisamente non avvezza a carte di credito e di debito, viste come potenziali strumenti di sottrazione dei dati bancari. Per questo, secondo Bankitalia, il 43% dei pensionati fa la spesa in contanti (contro il 37% dei non pensionati) e oltre 272 mila over 65 preferiscono riscuotere la pensione in denaro fisico (l’1,9% della popolazione in età avanzata). Abolire il contante significherebbe tagliare fuori dalla vita economica del Paese un’intera generazione, nonché la fascia più debole e bisognosa. Come spiega a Repubblica Alberto Franco, docente a contratto di Diritto Tributario presso l’Università di Torino, tutto ciò rischierebbe di deprimere i consumi, trasformandosi in un boomerang per l’economia nazionale.

Lavoratori in nero

Un altro argomento forte contro l’abolizione del contante ha a che fare con un’altra delle fasce più deboli della popolazione: i lavoratori in nero (almeno nei casi in cui l’assenza di garanzie contrattuali rappresenta un obbligo e non una scelta). In Italia sono 3,3 milioni i lavoratori in nero, una dinamica che oltre a sottrarre al fisco 42,6 miliardi (dati della CGA di Mestre relativi al 2019), incide direttamente sulle vite di persone sfruttate e costrette a posizioni di ricatto.

La totale eliminazione del contante significherebbe per molti di loro perdere l’unica fonte di reddito (è il caso dei braccianti irregolari e delle vittime dello sfruttamento della prostituzione), senza la possibilità di accedere alle misure di sostegno messe a disposizione dal nostro sistema di welfare, in quanto nella maggior parte dei casi cittadini irregolari sul suolo italiano.

Imprese

A risentirne sarebbero anche i piccoli imprenditori che, senza poter fare grandi investimenti e scontando il notevole digital divide esistente in Italia, si ritroverebbero a dover gestire una transizione digitale fuori dalla loro portata, che richiederebbe un utilizzo consapevole della rete internet e di strumenti di pagamento via smartphone. Questa argomentazione è valida solo nel caso di una eliminazione radicale del denaro fisico e non, com’è nelle intenzioni dell’esecutivo, di un graduale incremento dei pagamenti elettronici da raggiungere attraverso un sistema di incentivi.

Privacy

L’ultima ripercussione negativa di un’economia senza contante è quella derivante da una minore privacy. Se tracciare i pagamenti potrebbe avere effetti positivi nella lotta all’evasione fiscale, i nostri comportamenti di consumo sarebbero alla luce del sole. In questo caso si tratta di una scelta puramente personale: a quanta parte di libertà siamo disposti a rinunciare per progredire?

In conclusione

Come abbiamo visto, esistono argomenti molto validi sia a favore che contro l’abolizione del contante. I maggiori benefici di un’economia senza denaro fisico hanno a che fare con l’idea di Paese che vogliamo essere: un Paese digitale, amante dell’innovazione, che predilige la trasparenza e l’accountability. Le ragioni per continuare a usare il contante sono invece quelle relative al Paese che siamo e con cui dobbiamo necessariamente fare i conti: un Paese mediamente anziano, con visibili disuguaglianze e con un gap tecnologico considerevole. La scelta non è facile e spetta alla politica tracciare la strada, in un senso o nell’altro.

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