Giovane “vecchio” che s’è preso il Pd ispirandosi a Fonzie e Machiavelli.
L’astro nascente che rischia un precoce tramonto, la mina vagante che potrebbe non esplodere mai, il “rottamatore” che solo qualche anno fa si faceva ritrarre in posa con il dinosauro De Mita, il moralizzatore che tuona contro la casta ma non rinuncia alla doppia poltrona di sindaco e segretario del Pd. Matteo Renzi è tutto questo – aria fresca e antichi vizi italiani – ma rappresenta la vera, unica novità di questi ultimi vent’anni di politica, dopo la vittoria schiacciante alle primarie del Pd contro il pupillo di D’Alema, Gianni Cuperlo, e contro il suo ex delfino, Pippo Civati. Trentotto anni, fiorentino, bambino prodigio dei giochi tv (indimenticabile la sua partecipazione alla Ruota della fortuna di Mike Bongiorno), Matteo ha fatto la sua gavetta politica nelle fila della morente Dc degli anni Novanta, per poi approdare nella sfera del democristianissimo Prodi, che si apprestava a diventare il leader di quel Pd “ulivista” che avrebbe provocato i primi dispiaceri elettorali a Berlusconi. Simpatico, irriverente, comunicativo, immediato, Renzi da molti è considerato il prototipo giovanile del “primo” Cavaliere di Arcore, con il quale, del resto, il feeling è sottile e inconfessabile. Al punto che ancora oggi i suoi elettori rinfacciano al nuovo leader del Pd la sua visita nella magione lombarda di Berlusconi, quando questi era presidente del Consiglio. Ma Renzi, oggi, la sua battaglia politica la combatte soprattutto con un altro nemico, Beppe Grillo, che già dalle precedenti primarie, quando Bersani ne uscì vincitore, come Pirro, iniziava a rosicchiare voti ai Democratici. Si guerreggia sul web, dunque, l’arma preferita da Grillo. Il sindaco fiorentino ha capito che deve sfidare il comico sul suo terreno, quello della politica virtuale, ma anche dell’anti-politica, della rottamazione della classe dirigente che non schioda, della faccia feroce da mostrare all’eurozona. Da segretario del Pd, più che a Togliatti e De Gasperi, Renzi deve guardare a Bobby Fischer, il più grande scacchista che il mondo abbia mai conosciuto. Al giovane “vecchio” Matteo serve la mossa del cavallo, quella dei tre passi avanti e dello scarto improvviso, per sorprendere l’avversario alle spalle. Un avversario che oggi ha mille volti e le lancette dell’orologio dalla sua parte.