Eurovision

Dal 10 al 14 maggio 2022 si è svolta a Torino la sessantaseiesima edizione dell’Eurovision Song Contest, il concorso canoro annuale che vede confrontarsi, in un clima di incontro spensierato ed allegro (anche se l’agonismo è naturalmente presente), cantanti di tutta Europa. I singoli artisti – o gruppi di artisti – sono accomunati dal fatto di aver trionfato in una competizione nazionale (come il Festival di Sanremo) o di essere stati scelti per il particolare successo riscosso in patria. E’ chiaro che ciò che viene fuori è una fantastica “gara” tra le ultimissime tendenze della musica europea, non solo pop. 

 

Lo slogan dell’Eurovision di quest’anno, che ha luogo in Italia perché l’ultima edizione è stata vinta dai nostri Måneskin, è The Sound of Beauty, “il suono della bellezza”. Ma a noi preme sottolineare quanto questa competizione sia divenuta, man mano negli anni, un vero e proprio “festival delle arti” del futuro. Le esibizioni degli artisti sono ormai un vero e proprio “spettacolo”, con scenografie fantastiche, effetti virtuali che ci “precipitano” in un attimo in mondi e dimensioni lontane. Ciò che si attende, nei secondi che separano la presentazione di un cantante dall’inizio del pezzo, è una realtà “altra” che venga addosso con forza, facendoci svanire in una galassia di colori che son più forti di noi, e che ci fanno girare la testa, calandoci in cinque minuti di sano oblio, con la melodia e la voce che sono i robusti remi di una barca che prende il largo nella nostra mente. 

Una nuova “civiltà dell’immagine”

Già negli anni ’80 i sociologi parlavano di “civiltà delle immagini”. Ma prendiamo questi anni, i nostri e, ad esempio, ovviamente, la musica. La definizione e, soprattutto, la qualità artistica dei video che osserviamo su YouTube – e che costituiscono, oggi, la carne viva di una canzone, il primissimo suo impatto sensibile sul pubblico – non sono neanche lontanamente paragonabili a quelle delle immagini e dei videoclip degli anni ’80. Chiaramente in quegli ci sono stati dei “geni” delle clip, avanti col loro lavoro decine di anni: i Beatles (e qui siamo nei ’60!), Michael Jackson, i Pink Floyd, i Queen… Ma gli “strumenti” di oggi hanno permesso una palingenesi dell’immagine. Ci sentiamo un po’ come davanti al primo giorno della creazione di una dimensione “nuova” del fare musica che è chiamata (e non ne sente il peso, bensì l’eccitazione) a “farsi” facendo in sé tutte le arti.  

Eurovision: la “pesca” delle arti e dei “sensi”

Una cascata d’acqua che scorre furiosa sotto il palcoscenico, poi una semisfera gialla, rossa o multicolor che rappresenta un “sole” dinamico, nervoso, continuamente se-movente e catturante: un astro la cui luce è pathos che vuole “far suoi” i piccoli esseri umani sulla scena. E questa è soltanto la scenografia “generale” del Contest, quella che accompagna tutti gli artisti, ed è opera di Francesca Montinaro. Ma ci sono poi le coreografie e i passaggi-video che scorrono come teatro-treni dietro i singoli “numeri”. A volte viene in mente l’artista contemporaneo Bill Viola e la sua video-arte, in cui tantissimi visitatori si “immergono” negli ultimi anni. Quelli di Viola son video che si ripetono infinitamente in una stanza, costituendo una “esperienza”, non un quadro o una cine-storia. Così la musica contemporanea: ormai non può fare a meno della cattura, del “furto” di tutti i sensi umani. Non è “ascolto”, bensì esperienza totale. 

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