View of the Iguazu Falls, one of the Natural Seven Wonders of the World, form the Brazilian side on April 11, 2012, in Foz de Iguazu, Brazil. The waterfall system --of 2.7 km long-- consists of 275 falls, and has an annual peak flow of some 6,500 cubic meters a second. An acute drought has hit the famed horseshoe-shaped Igauzu falls which straddle two countries, cutting back the tumbling waters to reveal the rocky sides. Only a third of the usual volume of water is now flowing over the top of the stunning falls, which were listed as a world heritage site by UNESCO in 1984 and border both Brazil and Argentina. AFP PHOTO/Norberto Duarte (Photo credit should read NORBERTO DUARTE/AFP/GettyImages)

L’enorme Garganta del Diablo (letteralmente gola del diavolo), perennemente illuminata dai colori dell’arcobaleno durante il giorno, è il cuore pulsante delle cascate di Iguazù, a metà tra il Brasile e l’Argentina. Queste impressionanti discese d’acqua luccicante formano una frontiera tra i due paesi sudamericani. Troppo allettante, infatti, è stata per entrambi i governi la prospettiva di poter utilizzarle come meta turistica unica al mondo: un’ enorme distesa naturale di vegetazione tropicale circondata da limpidi flussi d’acqua purissima. Site a 1400 km da Buenos Aires e a 1500 da Rio de Janeiro, le cascate prendono il nome dal fiume Iguazú, che in guaranì significa grande acqua.Il costante rumore delle cascate accompagna ogni movimento, dai click della macchina fotografica alle spiegazioni delle guide turistiche.  Uno scroscio maestuoso guida pedissequamente l’esploratore, mentre dolci schizzi d’acqua dolce rendono piacevole la passeggiata quando il sole è alto. Alte fino a 70 metri, le ripide cascate confluiscono tutte nella Garganta del Diablo, dove la pioggia battente non da tregua e le foto escono irrimediabilmente appannate, con l’obiettivo impossibilitato a ritrarre particolari che non siano gocce. Una volta perso lo sguardo ammirando l’unicità di un polittico naturale dominato dal verde e sormontato dall’azzurro, l’estasi coglie immediatamente corpo e mente. Il dolce rumore dello scorrere dell’acqua come colonna sonora di un sentimento di impotenza di fronte alla natura. L’uomo si sente infinitamente piccolo dinanzi a uno spettacolo del genere. E inizia a capire perché questo sia un luogo perennemente disputato tra indigeni e gesuiti prima, e Argentina e Brasile poi.

Mentre la parte brasiliana presenta maggiormente i tratti della struttura commerciale e stilizzata, il lato argentino è stato preservato e offre la vera immagine del luogo, visibile nei volti delle donne guaranì che si disimpegnano nel mercato artigianale all’ingresso senza neanche conoscere una parola di spagnolo, la lingua dei conquistadores e dei missionari. Farsi comprendere a gesti rimanda ai quelle stesse usanze alla stregua del baratto e dello scambio libero professate dagli indigeni, che ancora oggi non lasciano questa terra, nonostante il rullo compressore del turismo di massa. All’interno del parco c’è anche chi lavora un legno pregiato per creare figure umane con martello e scalpello, che fomentano così la diffusione di una scultura diversa e profondamente locale.

Un luogo così mistico è un facile scenario per film. Essendo stata la zona circostante popolata dai Gesuiti, dei quali è possibile ancora trovare avamposti, Iguazú è stato un set per numerose produzioni cinematografiche di rilievo. Tra queste spicca The Mission, girato attorno al fiume Iguazú nel 1986 e reso immortale non solo da Jeremy Irons e Robert De Niro ma soprattutto dalla colonna sonora di Ennio Morricone. Un sottobosco reso ancora più armonioso da delle dolcissime note.

 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here