Nel nuovo romanzo di Nicola Lagioia.
La luna che illumina la ragazza solitaria in fondo alla statale ha lo stesso colore del neon. La scena è di un bianco livido, esalta gli ultimi dolori di Clara: nuda, coperta di sangue. La sua tormentata vita sta terminando in una dimensione silenziosa e agghiacciante. Ricorda la Ronette Pulasky di David Lynch, solo che non è “Twin Peaks”, siamo sul tratto della Bari-Taranto, e lei è come un cartello che indica Benvenuti nell’orrore della provincia italiana. Si tratta di suicidio o c’è molto di più dietro la fine della figlia di Vittorio Salvemini, il costruttore tanto impegnato ad allestire un impero di cemento da non comprendere il buco nero che lentamente ha inghiottito la sua famiglia? Chi seziona in modo chirurgico le profondità di quel mistero che conduce nel vortice di molti altri non è la macchina da presa. Lo fa Nicola Lagioia su pagina. Con “La ferocia”. Con la potenza della parola.