La Biennale di Venezia 2022 penetra e penetrerà davvero come un coltello nello stomaco di coloro che la seguiranno da lontano e di coloro che la visiteranno. Il “focus” di quest’edizione è, potremmo dire, la quotidiana – e violenta insieme – commistione di umano e di tecnologico che caratterizza i nostri giorni. Il titolo, splendido, è “Il Latte dei Sogni”.
Non è un caso che la 59sima Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia abbia una Curatrice, una donna: la dottoressa Cecilia Alemani. Ella dichiara: «Il latte dei sogni aspira ad essere una Mostra ottimista, che celebra l’arte e la sua capacità di creare cosmologie alternative e nuove condizioni di esistenza». E’ un concetto che l’arte, in tutte le sue forme – ma specialmente la figurativa – ha dovuto inglobare per poi partorirlo nei propri “prodotti”. La vita dell’uomo sulla Terra è ormai troppo co-involta nel cammino inarrestabile della scienza e della tecnica. Il nostro stesso corpo è ormai, in un certo senso, costituito e ri-costituito ogni giorno dai contatti continui con ciò che non è carne o “natura originaria”, ma puro manufatto tecnologico e digitale. Il nostro mondo si dibatte continuamente tra i cinque sensi e i sensi dilatati infinitamente dagli strumenti che ci portano incredibilmente lontano da qui ed incredibilmente dentro gli oggetti che abbiamo intorno. I nostri confini sensoriali sono così lacerati, ma non è detto che ciò sia una ferita, come sottolineava la Alemani.
L’origine del titolo della Biennale di Venezia 2022
Dichiara Cecilia Alemani: «La mostra Il latte dei sogni prende il titolo da un libro di favole di Eleonora Carrington (1917-2011), in cui l’artista surrealista descrive un mondo magico nel quale la vita viene costantemente reinventata (corsivo nostro) attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso (corsivo nostro) cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé. E’ un universo libero e pieno di infinite possibilità (…). A chi le chiedesse quando fosse nata, Carrington rispondeva che era stata generata dall’incontro tra sua madre e una macchina, in una bizzarra comunione di umano, animale e meccanico che contraddistingue molte delle sue opere». Questa commistione tra l’umano e il meccanico, come si intuisce, porta con sé venti freddi d’angoscia ma anche un arioso sguardo leggero sulle possibilità infinite che si aprono davanti a noi, e che a noi, in fin dei conti, spetta gestire.
Le domande aperte
Prosegue la Alemani, nella sua esaustiva e stimolante presentazione della Biennale di Venezia 2022: «La mostra nasce dalle numerose conversazioni intercorse con molte artiste e artisti in questi mesi. […] Sono emerse molte domande che evocano non solo questo preciso momento storico in cui la sopravvivenza dell’umanità è minacciata, ma riassumono anche molte altre questioni (…). Come sta cambiando la definizione di umano? Quali sono le differenze che separano il vegetale, l’animale, l’umano e il non-umano? Quali sono le nostre responsabilità nei confronti dei nostri simili, delle altre forme di vita e del pianeta che abitiamo? E come sarebbe la vita senza di noi?». Domande di cui l’arte, oggi, si prende carico più che mai, utilizzando strumenti e materie nuove, creando espressioni sempre diverse di sé. Quante sono dunque le arti? Sette? Nove? Forse dopo questa mostra non ha più senso contarle.