Veduta sulla città di Milano dai tetti del Duomo

Perché il Belpaese ha infranto proprio la Direttiva europea sulla Qualità dell’Aria: tra il 2008 ed il 2017 i valori limite consentiti per le concentrazioni di PM10 sono stati sistematicamente e costantemente superati.

Facciamo un passo indietro

Come specificato nello stesso giudizio da parte della Corte di Giustizia europea relativamente al “Case C-644/18 Commission v Italy”, già nel 2014 la Commissione Europea aveva avviato una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese “per aver sistematicamente e persistentemente superato, in un certo numero di zone d’Italia, i valori limite per le concentrazioni di particolato PM10” a partire dall’anno 2008.

In quell’occasione, riscontrando tali problematiche, la Commissione nel contestare il mancato rispetto dei valori limite aveva auspicato l’adozione di misure atte a garantire il rispetto delle regole sul livello di concentrazione del particolato.

Ma cosa è accaduto il 13 ottobre 2018: “”Ritenendo che le spiegazioni fornite al riguardo da parte della Repubblica italiana – a proposito delle misure da adottare, spiega il giudizio della Corte – nel corso del procedimento precontenzioso fossero insufficienti, la Commissione Europea ha proposto dinanzi alla Corte un ricorso per inadempimento degli obblighi”.

L’accoglimento del ricorso

“Nella sentenza del 10 novembre 2020, la Corte, riunita in Grande Camera, ha accolto tale ricorso”. Secondo la Corte infatti, il superamento dei valori limite relativamente alle concentrazioni di PM10 in una sola zona – sotto la lente d’ingrandimento la Pianura Padana – è da solo sufficiente per stabilire il mancato rispetto delle disposizioni sulla Air Quality Directive – Direttiva sulla Qualità dell’Aria –.

Nell’elaborazione del proprio giudizio, la Corte ha poi nuovamente ribadito che “Dal 2008 al 2017 compreso, i limiti giornaliero ed annuale per i valori del particolato PM10 sono stati regolarmente superati nelle zone interessate”.

Cosa si chiedeva all’Italia

Lo Stato era tenuto alla redazione di un nuovo piano di qualità dell’aria al fine di soddisfare i requisiti della Direttiva in questione, nello specifico “l’obbligo di prevedere misure adeguate per garantire che il periodo durante il quale i valori limite vengono superati sia circoscritto al più breve tempo possibile”.

Tuttavia nessuna porta è ancora chiusa e l’Italia ha ancora tempo per lavorare alla propria eco-agenda. Il giudizio della Corte si conclude in questa maniera: “Per la Repubblica italiana vale comunque un’estensione generalizzata e potenzialmente indefinita dei termini per il rispetto di tali valori, anche se fissati proprio in vista di tali – precedenti – obiettivi”.

Foto di Kevia Tan; fonte unsplash.com

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