Un volontario ruandese di 39 anni è secondo gli inquirenti l’artefice degli incendi divampati da tre differenti esche all’interno della cattedrale dei Santi Pietro e Paolo della città francese di Nantes.
Una mail incriminante
Come riportato dal quotidiano francese Le Monde, nella notte tra il 17 ed il 18 luglio, il volontario che spesso serviva durante i riti religiosi ed aveva il compito di chiudere il monumento religioso, aveva inviato una lunga mail con destinataria proprio la diocesi della città francese.
Nel testo il rifugiato provava a presentare le problematiche del proprio status esplicando il proprio risentimento. Ed il conseguente stato di angoscia, nei confronti di personalità che nelle pratiche burocratiche non lo avrebbero supportato abbastanza.
Infine, si appellava allo Spirito Santo perché lo accompagnasse, evocando “tutte le vittime di un sistema che conduce all’ingiustizia”.
Il materiale utilizzato per l’incendio
Gli inquirenti avrebbero inoltre determinato come l’uomo per la propagazione delle fiamme si sia servito di un flacone di liquido utilizzato nelle pulizie, altamente infiammabile.
Dopo circa una settimana di incontri ed interrogatori, finalmente la confessione dell’uomo: al cospetto del magistrato esaminatore l’uomo ha ammesso di aver appiccato gli incendi in tre diversi punti della cattedrale, tra i quali il piccolo ed il grande organo.
“Una liberazione”
È l’espressione utilizzata dalla difesa di Emmanuel – il ruandese trentanovenne – a proposito della confessione sugli eventi trascorsi. Aggiungendo poi: “Si tratta di qualcuno in uno stato di paura e sopraffazione”.
Al momento l’uomo, in stato di detenzione, rischia una condanna sino a dieci anni ma dovranno essere appurate le condizioni psichiatriche e le problematiche burocratiche incontrate che potrebbero aver inficiato sullo stato mentale, che di conseguenza avrebbe influenzato le azioni.
Foto di Guillaume Piolle; fonte foto Wikimedia
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