Bisognava produrre qualcosa di refrattario a qualunque ingabbiamento, rompere con l’ortogonalità della forma privilegiata dall’editoria imperante e fare uso di testi alquanto ironici e materiali quasi sempre messi ai margini della logica di un mercato discutibile”, ricorda Mario Persico, quando, succeduto nel 2002 a Luca Castellano quale Rettore Vicerè e Visir dell’Istituto Patafisico Partenopeo, ideò il foglio del periodico “il Patapart”,  immaginandolo come qualcosa di effimero, inutile, invendibile “e forse anche un po’ stupido”.

Potremmo partire da questa affermazione del Maestro, per attraversare in maniera consapevole i sontuosi corridoi del primo piano dell’Accademia di Belle Arti, che ospitano in questi giorni, fino all’11 luglio, la mostra il Patapart, Foglio dell’Institutum Parthenopeium. Un omaggio a Mario Persico. A cura di Dario Giugliano, docente di estetica presso l’Accademia di Napoli, nonché componente dell’Institutum Pataphysicum Parthenopeium, l’esposizione celebra la donazione del maestro alla Biblioteca “Anna Caputi” dell’Accademia di Belle Arti di Napoli dell’intera serie dei numeri pubblicati del singolare periodico e ne delinea le ragioni esoeditoriali sottese che, come spiega il prof. Giugliano, “avendo ben poco ha a che vedere con l’ufficialità, per la sua forza eversiva e la grande spinta immaginativa è una nuovissima rilettura della patafisica, un ennesimo capitolo di un ‘libro’ che Persico ha iniziato a scrivere da giovanissimo, fin dalla metà degli anni Cinquanta e che ci auguriamo si arricchisca ancora di nuovi paragrafi e capitoli.

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Organizzato in collaborazione con l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori della Provincia di Caserta, allestito da un’idea di Enzo Gagliardi, “in puro stile patafisico-oplepiano” e realizzato dagli studenti del corso di Scenotecnica, il progetto salda al rigore metodologico, l’originalità di una mise en scene attraversata da una geografia di dissonanze caleidoscopiche, di imprevisti risguardi e inaspettate soluzioni: “felicissima ad esempio, quella di far scendere dall’alto i fogli incorniciati – mi spiega il curatore – i quali sono sospesi a elementi iconici, ricavati dagli stessi fogli, ingranditi e stampati su forex”. L’itinerario offre interessanti latitudini visive,aperte tra passato e presente, dove linguaggi si lambiscono fino a creare cortocircuiti tra sostrati scritturali e iconosferici.

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I pannelli,in radiosa armonia con la bellezza dell’ambiente che li ospita, invitano a cogliere con ampia cognizione la loro straordinaria trama, densa di nodi poetici d’eccentrica mobilità intellettuale:dinanzi ai nostri occhi, i fogli del “Patapart” scorrono come su una pellicola che,superando il dato discorsivo e verbale, svela il suo significato in scritture non translitterabili nel nostro consueto sistema alfabetico. Il quale, non potrà mai rendere la qualità immaginifica e poetica dei documenti in mostra, densi, invece, di capacità non solo patetiche, ma concettuali, e per tanto sfuggevoli all’avidità ermeneutica ed esegetica della parola.

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Il Patapart, ecco la sua storia

“Il Patapart” è uscito dal 2002 al 2017, per un totale di 20 numeri, con la direzione artistica di Mario Persico e la direzione responsabile di Eleonora Puntillo (Mulier Literatissima et Terribilissima dell’Istituto napoletano, eletta al grado “ubiconorabile”, secondo la terminologia patafisica, di Eccellentissimo Direttore Responsabile). La grafica, sotto la supervisione di Mario Persico, è stata curata da tre suoi allievi: nei primi numeri si alterneranno, nell’elaborazione grafica, Gianfranco De Angelis e Luigi Urso, per lasciare poi completamente l’iniziativa a Giacomo Faiella, che curerà fino alla fine, da solo, l’aspetto grafico dei fogli. Le uscite saranno contraddistinte da alcuni numeri monografici, dedicati a figure di Patafisici scomparsi, come LuCa Luigi Castellano, Edoardo Sanguineti, Stelio Maria Martini, Paola Acampa, Luciano Caruso, Andrea Sparaco, Brunella Eruli, ma anche a temi specifici, come il signoraggio bancario (ovvero la finanziarizzazione dell’economia in generale), la città di Napoli (città patafisica per eccellenza), la libertà, il viaggio.

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La Patafisica

La Patafisica è una creazione letteraria di Alfred Jarry (Laval 1873 – Parigi 1907), il quale in almeno due sue fondamentali opere, UbucornutoGesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico, ne fa cenno, definendola, tra l’altro, come la scienza delle soluzioni immaginarie e del particolare, che estende i suoi domini al di là della metafisica, analogamente a come quest’ultima li estende al di là della fisica. La Patafisica sarà poi rilanciata da un gruppo di scrittori francesi, tra cui Raymond Queneau, nel 1948. Sarà fondato un Collegio Patafisico, con, all’interno, tanto di ordini gerarchici di ispirazione accademica, il tutto, però, ovviamente, condito con la immancabile ironia à la Rabelais, come sarebbe piaciuto sicuramente al capostipite della patafisica Alfred Jarry, il quale aveva votato tutta la sua esistenza all’ironia quando non al grottesco e al paradossale. Tra i patafisici si annoverano personalità artistiche o intellettuali in generale come Marcel Duchamp, Max Ernst, Man Ray, Joan Miró, Eugène Ionesco, Dario Fo, Edoardo Sanguineti, Umberto Eco, Jean Baudrillard.

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