Dai paesi del Corno d’Africa o dal Medio Oriente, in fuga da dittature, guerre, povertà, violenze, alla ricerca di una vita migliore. La questione immigrazione è oggi un tema bollente per tutta l’Europa. Dopo l’ultima tragedia nel canale di Sicilia, le istituzioni europee avevano promesso un cambiamento nella politica migratoria: passata l’onda mediatica, ogni Paese si è barricato dietro quelle stesse leggi che dovevano cambiare. Così, la Francia di fatto chiude le frontiere, Austria e Svizzera rimandano indietro i migranti in arrivo dai nostri confini, la Germania sospende il trattato di Schengen per il G7. Risultato? L’Italia viene lasciata sola per l’ennesima volta.
Che il nostro Paese non possa farsi carico di questa situazione è chiaro a tutti, eccetto ai governi europei. L’instabilità in Medio Oriente e in Africa è arrivata a un punto di non ritorno e i numeri degli sbarchi nel 2015 lo confermano. A inizio giugno sono stati 54mila gli arrivi in Italia, di cui 7.500 solo nella prima settimana del mese. A dirlo è Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati: stiamo parlando di un aumento del 10-12% rispetto al 2014, già anno record di sbarchi. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, si tratta di persone in arrivo da Eritrea, Somalia, Nigeria, Siria e Gambia, ma circa la metà giunge in Italia solo per proseguire verso altri Paesi del Nord Europa, dove hanno famigliari e amici. A chiudere, l’Unhcr ricorda che da inizio anno sono stati 1.850 i morti e i dispersi nel Mar Mediterraneo, numero sei volte superiore ai 280 dello stesso periodo del 2014. Secondo le proiezioni del Viminale, a fine 2015 saranno 200mila i migranti in arrivo in Italia, 30mila in più rispetto a un anno prima. I numeri certifi- cano che il flusso non si fermerà perché i paesi europei chiudono le frontiere. Queste persone scappano da guerre (come in Siria, dove da tre anni la popolazione è stretta tra la dittatura di Bashar al Assad, i ribelli e ora anche l’Isis), da violenze quotidiane (in Etiopia vige una dittatura con servizio militare obbligatorio fino a 30 anni e che spesso viene esteso a tempo indeterminato), dalla povertà (la Somalia esce dalla terribile ca- restia del 2011 che decimò intere regioni e oggi deve fare i conti anche con i terroristi di Al Sha- baab). Non saranno i paesi UE a fermare la loro lotta per la vita.
Dopo la tragedia di aprile nel Canale di Sicilia, quando morirono tra le 700 e le 900 persone, l’Europa decise di rivedere le regole della politica migratoria comunitaria. Si arrivò a un piano euro- peo che rivedeva uno dei punti chiave, il cosiddet- to Trattato di Dublino. Secondo l’attuale legisla- zione, chi arriva in Europa può chiedere asilo solo nel paese di ingresso (ossia l’Italia) che, a sua vol- ta, deve farsi carico della prima assistenza e deve vagliare le richieste dei singoli. Con il piano UE, si introduceva il principio della ridistribuzione ob- bligatoria tra i diversi Paesi membri per i 40mila arrivati da Italia (24mila) e Grecia (16mila). Ogni nazione avrebbe avuto una quota obbligatoria da stabilire in base a diversi criteri: il prodotto inter- no lordo, la popolazione, il tasso di disoccupazio- ne, l’accoglienza in passato ai rifugiati. Oggi que- sto piano sta per essere modificato per superare le opposizioni nate in seno ai 28 che, dimenticato il minuto di silenzio in ricordo delle vittime, hanno chiuso le loro frontiere.
Nel frattempo, l’Italia si trova a gestire (da sola) il tutto. Alla stazione Tiburtina a Roma e in quella Centrale a Milano, i Comuni e la Croce Rossa hanno allestito centri di accoglienza provvisori per le prime cure e per distribuire acqua e cibo. I volontari e semplici cittadini hanno portato il loro aiuto, ma in questi casi si tratta per lo più di persone “in transito”, coloro cioè che vogliono proseguire il loro viaggio verso altri Paesi. Sul suolo italiano sono arrivati oltre 50mila migranti che vanno assistiti, come da leggi europee e nazionali: per questo, il governo ha messo a punto un piano per la distribu- zione in tutte le Regioni, usando ogni struttura possibile. Secondo i dati del Ministero dell’Interno, il 21% dei migranti è ospitato in Sicilia, il 13% nel La- zio, il 9% in Puglia e in Lombardia. In base ai dati aggiornati a febbraio 2015, la Regione più generosa sarebbe il Molise, con 364,4 immigrati ogni 100.000
abitanti. Da qui la scelta di chiedere a tutte le Regioni di mettere a disposizione il mag- gior numero di posti possibile, con il Vimi- nale in stretto contatto costante con le Pre- fetture e le istituzioni locali. Ci si prepara soprattutto agli arrivi estivi, momento in cui gli sbarchi aumenteranno. L’idea è di creare dei campi profughi, anche usando strutture dismesse come le vecchie caserme non più in uso. La proposta è arrivata dal sindaco di Torino e presidente Anci, Piero Fassino: la speranza è che si arrivi preparati per gestire una situazione ancora più difficile.
FABRIZIO CAPECELATRO