Le dichiarazioni di Paolo Campoli, riportate da un’intervista sul sito de il Mattino, si uniscono a quelle di molti altri manager, imprenditori e lavoratori che sono convinti che il mondo post-covid non sarà più lo stesso… almeno in parte.
Chi è Paolo Campoli?
Possiamo definirla un’autorità in materia, vista la sua nomina alla guida del segmento Service Provider di Cisco, l’azienda che fornisce la nota piattaforma Webex per riunioni e videoconferenze. Nonostante la sua vocazione ci tiene a precisare: “nulla può sostituire l’interazione fisica”. L’ibrido quindi non va inteso, per Campoli, come un passaggio graduale a pratiche esclusivamente online ma, anzi, come prova del fatto che queste possano trovare senso e giovamento dalla coesistenza con la loro controparte fisica, migliorando ciò che può essere migliorato.
“Ci sono una serie di questioni che, insieme agli utenti, stiamo ancora imparando a migliorare o risolvere – afferma il manager nell’intervista rilasciata per noto quotidiano partenopeo – Il codice di comportamento. La comunicazione non verbale, come quella del contatto visivo. E poi l’affaticamento, anche psicologico, che si ha nel lavorare o seguire delle lezioni con queste piattaforme. Ma ci stiamo arrivando, è un percorso da cui non si torna indietro. I nostri report dicono che anche dopo il Covid circa il 70% dei lavoratori continueranno a lavorare per qualche giorno da casa, mentre il 90% dei meeting saranno da remoto. Il futuro è nell’ibrido, e lo sarà anche a scuola. Perciò uno dei nostri obiettivi prioritari è rendere l’esperienza virtuale migliore di quella fisica. Con Cisco abbiamo anche sperimentato gli ologrammi, che in caso di eventi o presentazioni aziendali possono restituire anche la fisicità della persona con cui si interagisce”.
Il 5G
Successivamente, nell’intervista Campoli ha espresso il suo parere in materia di 5G (correttamente implementato da qui ai prossimi due anni) e sulle sue applicazioni (con la cosiddetta Industria 4.0 e la sanità con gli apparati biomedicali). Interessante la sua visione della pandemia, che “ci ha mostrato quanto invece la domanda di servizi tecnologici sia forte: non siamo un Paese perfettamente digitalizzato, ma oggi tutti, anziani compresi, utilizzano questi servizi abitualmente”. Il Covid, in tal senso, non ha creato fratture ma ha solo mostrato delle falle già esistenti e spinto il paese a cercare di chiuderle quanto prima con un salto altrimenti impensabile. Non di certo una virtù, ma che mette il progresso tecnologico del nostro paese nel giusto contesto.
La strada da fare è ancora lunga, ma Campoli è sicuro: l’ibrido tra realtà virtuale e fisica sarà la chiave di volta per il futuro.