crowdfunding

Il crowdfunding è una pratica attraverso la quale un gruppo di persone utilizza in comune una parte del proprio budget in denaro, con l’obiettivo di sostenere lo sforzo finanziario di persone o organizzazioni che, altrimenti, non riuscirebbero a sopportare i costi di un determinato progetto. Ciò che rende possibile l’apertura di tali canali di finanziamento sono i social network.

Una volta il crowdfunding si sarebbe definito una alternativa anticapitalista, una strada socialista in direzione di progetti comunitari. Ma saremmo fuori dal tempo se, oggi, “leggessimo” in tal modo questa “raccolta” di fondi. Il crowdfunding, nella contemporaneità, va affiancato – per poterne comprendere lo “spirito” – ad altre pratiche o vie di autodeterminazione, soprattutto – ma non solo – giovanili. Tali “condivisioni” non sono “politiche”, ma squisitamente “vissute”, “pratiche”, senza una ideologia che vada ad appesantire ciò che si fa. Senza sommare “altre” motivazioni all’unico “perché” vero e reale che vale per tanti giovani: il fatto che il mondo sia di tutti, senza altre spiegazioni. E, dunque, il crowdfunding è “impastato” del lievito dello “sharing” delle bici, delle auto o dei monopattini; è della stessa “materia prima” di YouTube inteso come piattaforma comune di esordi artistici e di “spazi” musicali, allo stesso modo delle “piazze” dei “festival d’autodeterminazione” a cui possiamo assistere nelle nostre città, magari diffusi e “portati lontano” tramite TikTok. Crowdfunding è come dire “lo possiamo fare noi”, “lo possiamo fare insieme”. Senza l’aiuto di nessuno. Tramite i social.

Le barriere da abbattere

Di fatto il crowdfunding è un microfinanziamento dal basso, se vogliamo utilizzare un linguaggio ancora abbastanza “classico” delle realtà autodeterminantisi. La raccolta dei fondi attraverso la “porta” social può essere indirizzata al sostegno dell’arte o dei beni culturali, ma anche alla ricerca scientifica o all’imprenditoria, soprattutto quella innovativa. Ad esempio, dei ragazzi hanno un’idea di business, insomma vogliono “inventarsi un lavoro”: niente di più “pratico” e quotidiano, diciamo così. Ma non hanno i fondi. Ed ecco che entra in gioco, come “possibilità della contemporaneità”, il crowdfunding. Ed ecco che ciò che viene “superato”, abbattuto, sono le tradizionali barriere dell’investimento finanziario. Insomma, le banche, i prestiti, il mondo della finanza. Ma coloro che partecipano ad un crowdfunding non sono persone ideologizzate, che “odiano” le banche, per fare un esempio. Sono ragazzi – o adulti – che “sposano” la causa “particolare” di altre persone che riescono a “coinvolgerli”, dimostrando la bontà del loro progetto. 

“Connessione perpetua” e ascesa del crowdfunding

È chiaro che l’affermarsi e il proliferare di servizi di telefonia e di informatica mobile, e di sempre nuove applicazioni web, ha favorito la possibilità di “raggiungere” la comunità social in qualsiasi momento, e dunque ha rafforzato oltremisura il successo del ricorso al crowdfunding. Quest’ultimo, infatti, “vive” di un dialogo continuo del “business-maker” con la crowd (termine che vuol dire “folla”, dunque “comunità”), per raccogliere idee, sollecitare nuovi input, ecc. Pensiamo soltanto che il crowdfunding è diventato una importante fonte di finanziamento per circa mezzo milione di progetti, in Europa. “Insieme tutto è possibile”, direbbero i ragazzi di ultimissima generazione.

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