Quanto sarebbero più leggibili gli articoli di giornale senza le fastidiosissime ADV? Inutile rispondere ad una domanda abbastanza scontata, ma la soluzione esiste ed è un semplice lugin, disponibile per tutti i browser, che si chiama AD-Block.

In un mercato basato sulle pageviews di Google Analytics, AD-Block comporta un grandissimo problema: ogni visualizzazione in meno del banner, rappresenta guadagni in meno per l’azienda. Questo mercato è decisamente precario in quanto soggetto ai continui upgrade di algoritmi della SEO di Google, ai guadagni già ridotti dei network di adv  e, come se non bastasse, a peggiorare la situazione ci si mettono anche gli dv-blocker.

Il servizio in genere non blocca tutte le pubblicità, ma è studiato per favorire la sopravvivenza di quelle meno invasive.

Dai dati di Adblock Plus, spiega AdAge, il popolare ad blocker, pare sia stato installato nei browser dalle persone più di 400 milioni di volte e si registrano  tra i  50-60 milioni di utenti attivi.

“Il 28% delle persone negli Stati Uniti naviga con il blocco delle pubblicità attivato”.

Come reagiscono le redazioni di questo mercato?

Le strade che percorrono sono le seguenti: impedire l’accesso agli utenti che hanno attivato l’adv blocker, pagare per la rimozione dalle blacklist dei ad-blocker come hanno fatto già le big company americane (Google, Microsoft ed Amazon) oppure utilizzare il modello freemium.

Quest’ultimo è utilizzato dalla maggior parte delle applicazioni web e magazine presenti online poiché riesce ad avere una buona conversione dell’utenza in clienti paganti. Consiste nel dare accesso a tutti (o quasi) i servizi disponibili sulla piattaforma in maniera del tutto gratuita per un periodo limitato, a discrezione dell’azienda. Questo permette all’utente di apprezzare la bontà del servizio ed al termine della prova gratuita di comprarlo se ritiene necessario.

Il problema degli Ad-block può essere risolto, se i magazine evolvessero il loro modello di business. Ci sono molti modi per avere dei ricavi dall’editoria online, ma molti imprenditori si limitano a restare negli anni ’90 vendendo solo banner ed ovviamente caricando i portali o i magazine di pubblicità troppo invasive.

Se si ha chiaro l’obiettivo aziendale e il pubblico di riferimento, è possibile posizionarsi in maniera opportuna ed autorevole sul web intercettando non solo un pubblico potenzialmente più grande, ma più specifico, quindi maggiormente predisposto all’acquisto dei nostri contenuti.

 

Alex Genovese

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