Women hand using smartphone typing, chatting conversation in chat box icons pop up. Social media maketing technology concept.Vintage soft color tone background.

Dopo l’attacco a Capitol Hill da parte dei sostenitori di Trump, Facebook ha deciso di bloccare i dati personali del presidente a tempo indeterminato e per almeno due settimane, perché le sue affermazioni avevano lo scopo di incitare ulteriori violenze. La stessa decisione la prendeva Twitter un paio d’ore prima, in un primo momento sospendendo il suo account per 12 ore, dopodiché bannandolo definitivamente per non rischiare di incitare ulteriormente alla violenza. Trump ha allora provato a spostarsi sull’account istituzionale (@Potus), dove ha accusato il social di provarlo della libertà di parola: ma anche lì lo hanno bannato.

I primi blocchi

A questo punto sorge una domanda: i social network dovrebbero prendere posizione o dovrebbero garantire la libertà di parola? Nel 2020 è diventato sicuramente evidente che queste piattaforme non possono continuare a lasciare che le fake news girino incontrollate tramite i loro canali, provocando effetti pericolosi nella società.

Di conseguenza, i social media hanno iniziato a bloccare i gruppi e i profili cospirazionisti, negazionisti e incitatori di razzismo e antisemitismo. Hanno pubblicato avvisi per indirizzare le persone alle fonti ufficiali su questioni importanti, come Covid e vaccini. Ma servono ancora enormi passi avanti.

I social network non sono istituzioni

Nel caso specifico di Trump, i principali social network hanno bloccato il suo profilo. Gli hanno impedito di comunicare con i sostenitori e gli hanno impedito di incitarli alla violenza. E’ giusto? Giusto o sbagliato che sia, i social network sono delle aziende private. Come tali non possiamo pretendere che spetti a loro né la tutela della democrazia né la tutela della libertà di parola. Le quali, se vogliamo dirla tutta, non sono garantite neanche nella società attuale, ma è limitata secondo i parametri stabiliti dalla legge).

Non dimentichiamoci che Twitter, così come tutti i social del gruppo Facebook, potrebbe decidere da un momento all’altro di bloccare tutti i profili appartenenti a un determinato gruppo di persone. Così come potrebbe decidere di filtrare i messaggi che non ritiene convenienti o indirizzare tutti gli utenti verso i contenuti che preferisce. Se non lo fa (o almeno non tanto da farcene accorgere) è perché così perderebbe milioni di utenti, e quindi il suo enorme potere.

Termini e condizioni dei social

Ma non possiamo pensare che gli algoritmi di Twitter e Facebook garantiscano a tutti la libertà di parola, anche perché nel momento in cui firmiamo i termini e le condizioni di questi social network, accettiamo che i contenuti che incitano all’odio e alla violenza vengano rimossi dalla piattaforma. Non è censura, ma essendo questa la prima volta che avviene in modo così eclatante ha sollevato grandi interrogativi sul ruolo di queste piattaforme. Infatti è da anni che Trump pubblica questo tipo di contenuti, che tuttavia non sono mai stati rimossi dalle piattaforme, finché la situazione non è degenerata nell’assalto al Congresso degli ultimi giorni.

Necessaria una regolarizzazione a livello istituzionale

Twitter e Facebook hanno agito secondo le loro regole, decidendo di non diventare i mezzi tramite cui Trump avrebbe potuto aizzare ulteriore violenza. Piuttosto possiamo riflettere sul potere che hanno oggi queste piattaforme. Se abbiamo attribuito loro un potere tale da pretendere che tutelino dei diritti e delle libertà così importanti, forse dovremmo fare in modo che siano regolati in maniera più stringente a livello istituzionale. Ci assicureremmo così la bontà dei parametri con i quali filtrano le informazioni con cui entriamo in contatto.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here