In 12mila sugli spalti ammirando Varenne.
I dati raccontano di una diminuzione, nel solo quadriennio 2008-2012, del 25 per cento dei cavalli e del 14 per cento dei fantini, e di un calo di 72 milioni di euro all’anno di montepremi destinati alle corse ippiche. Il punto più basso della parabola s’è toccato nell’autunno 2012, quando gli ippodromi di Milano e Napoli, San Siro e Agnano, chiusero i battenti. Poteva essere il colpo di grazia definitivo, complessivamente oltre 200 anni di storia cancellati. Ma se a San Siro la riapertura è rimasta un miraggio, a Napoli invece il settore s’è riorganizzato, puntando sulle sue migliori risorse. E lo scorso ottobre sono ripartite le attività con lo storico Gran Premio Lotteria, che per la prima volta in 64 edizioni s’è svolto in autunno, rispetto al classico appuntamento di primavera.La risposta degli appassionati è stata eccellente. Il 12 ottobre, dodicimila napoletani si sono riversati ad Agnano, in una struttura che venti giorni prima era una palude abbandonata a se stessa. Il merito della rinascita è della società Ippodromi Partenopei, una cordata di imprenditori cittadini guidata da Pierluigi D’Angelo che ha vinto il bando per l’assegnazione provvisoria dell’impianto e potrà gestirlo per un anno. “Siamo soddisfatti – dice D’Angelo – in un momento di crisi per Napoli, con la chiusura di Edenlandia e dello zoo, noi siamo un’eccellenza: abbiamo restituito alla città un suo bene, in questo momento il nostro ippodromo è il polo di riferimento in Italia”. La pista è tornata in condizioni ottimali, mentre il parco è stato bonificato. “Oggi è di gran lunga migliore della Villa Comunale cittadina. Lo chiamerei ippodromo di Lugano più che di Agnano, facciamo anche la differenziata. Gli operatori hanno dato il loro contributo, siamo un’oasi in una città che è al collasso”.