Riformare “il benessere” per migliorare lo stato sociale

Giuliano Poletti: il problem solving del governo

Dall’integrazione giovanile nel mondo del lavoro alle associazioni no profit, passando per la riforma del job’s act, il ministro del lavoro e delle politiche sociali del governo Renzi, Giulio Poletti, classe ’51, figlio di contadini e con un passato nel PCI, sembra avere gli argomenti giusti per riorganizzare l’ormai ingolfata macchina del welfare statale.

– Si parte dai giovani.

Con il sostegno della comunità europea che ha stanziato fondi per circa 1,5 miliardi di euro, l’obiettivo è quello di occupare giovani tra i 15 ed i 29 anni non impiegati in alcuna attività lavorativa o relativa a corsi di formazione. Il sito www.garanziegiovani.gov.it può dare maggiori delucidazioni in merito.

– Impegnarsi di più.

Un vecchio proverbio recitava: “dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno, insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”. Meglio quindi iniziative volte all’inserimento professionale che forme assistenziali, come il reddito garantito, fini a se stesse.

– Migliorare il welfare

Probabilmente andrebbe riformato per rispondere alle necessità dovute alla continua evoluzione sociale, ma siccome i finanziamenti scarseggiano sempre più, al momento si rende necessaria la partecipazione di enti no profit che facciano da tramite tra gli enti pubblici e i cittadini. Mai come oggi sempre più bisognosi.

Sono queste “le armi” del ministro per combattere una sempre più continua e preoccupante deriva dello stato sociale.

Nichi Vendola: le ragioni delle Regioni

C’era una volta la sinistra. O meglio, c’era una volta una sola sinistra, quella del PCI. Quella dove, politicamente parlando, si è formato l’attuale governatore della Puglia, Nichi (in onore di Nikita Chruscev) Vendola, fin da ragazzino e che ora contesta aspramente l’operato dell’altra sinistra, quella più moderata e capitanata dal giovane Renzi sempre pronto a tendere le mani più a destra che a manca.

Il motivo? I tagli alle regioni. “Siamo all’umiliazione del Parlamento: la manovra è un colpo al cuore del welfare”.

La manovra a cui fa riferimento Vendola è la legge di stabilità in vigore dal primo Gennaio 2015. “Questa manovra – sostiene il leader di SEL – si abbatte come un ciclone, non sulle spese dei consigli regionali, bensì sulle spese che riguardano gran parte del welfare e dei servizi sociali”.

I tagli lineari alla spesa pubblica di tremontiana memoria, secondo Nichi, che vedrà 350 milioni di euro in meno nelle casse della sua Regione, influiranno in maniera negativa sul welfare incidendo proprio sulle politiche sociali.

Ma non è l’unico a mostrare il suo disappunto. Il collega lombardo, Roberto Maroni, ha dichiarato  recentemente di voler impugnare la legge di stabilità mentre Sergio Chiamparino, governatore piemontese sostiene che i 4 miliardi di tagli sono francamente troppi e saranno una mannaia per i servizi ai cittadini.

Le ragioni delle Regioni sono tante, troppe per non essere considerate. Ma alla fine chi ci rimette?

 

Enrico Borrelli

 

 

 

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