“Mi limito a brevi considerazioni sul significato della missione comune che oggi ci unisce: vorrei che quest’anno la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne non fosse solo un momento di riflessione ma un impegno concreto ad immedesimarsi per capire e per agire”.

È l’incipit del messaggio che il presidente del Senato Maria Elisabetta Alberta Casellati ha rivolto all’indirizzo della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio e di quanti sono impegnati quotidianamente nel contrasto a tale indicibile forma di barbarie: il 25 novembre ricorre infatti la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, una data preceduta dai report statistici che testimoniano quanto lavoro debba essere ancora svolto perché mai più si senta o si legga di tali cronache.

In quella che si appresta ad essere una giornata di grande raccoglimento, è bene riprendere i dati offerti dal VII Rapporto Eures sul femminicidio: negli ultimi 20 anni sono 3.344 le donne uccise in Italia, delle quali 91 soltanto nei primi dieci mesi del 2020. 56 sono le donne che negli ultimi dieci mesi sono rimaste uccise dai propri partner e, complessivamente, risalendo al 2000 ammontano a 1.628 i femminicidi all’interno di contesti familiari nei quali la donna figurava come partner nelle sue differenti sfumature. Quasi sempre – in media per il 94 percento della totalità dei femminicidi – il killer è uomo.

Quante si rivolgono ai servizi di aiuto

Dal Dipartimento per le Pari Opportunità, riprendendo i dati offerti dall’Istituto nazionale di Statistica, fanno sapere che coloro che nel periodo dal 2016 al 2019 hanno contattato il numero utile 1522 – di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking – sono in aumento “con un incremento nel 2019 rispetto al 2016 pari al 20,7 percento, ovvero si è passati da 17.616 a 26.477.

È interessante poi considerare relativamente alla curva statistica anche l’incidenza delle telefonate proprio nel periodo del lockdown primaverile: “Le chiamate hanno raggiunto incrementi elevatissimi in corrispondenza dei mesi del lockdown, con 5.031 telefonate valide dal primo marzo a metà aprile – ovvero, il 73 percento in più rispetto al relativo periodo del 2019 –”.

Chi chiede aiuto

Nel 90 percento dei casi sono le stesse vittime le prime a comporre il numero di aiuto, ma è possibile che le chiamate arrivino da altri: “In ambito familiare – spiegano – a segnalare la violenza sono soprattutto i genitori – 22,3 percento nel 2020 – seguiti dai figli e da fratelli o sorelle – 15,4 ed 11,3 percento –“.

Foto di Melanie Wasser; fonte unsplash.com

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