Parola d’ordine condivisione.
Un nuovo modo di fare shopping anzi, a voler esser più corretti, un nuovo tipo di relazione che s’instaura tra i compratori 2.0 e le aziende che hanno accettato la sfida posta dalle nuove tecnologie.
Nasce, a tal proposito, un neologismo, perché certi fenomeni possono solo esser spiegati attraverso nuove parole (pensiamo al termine “selfie” entrato ormai a far parte di quel vocabolario che non conosce frontiere geografiche e linguistiche), che è diventato anche hashtag e termine oggetto di condivisione :“FAUXSUMERISM”. Una parola nuova, un lessico vergine, per indicare questo nuovo modo d’intendere la moda, lo shopping e la cultura stessa del consumismo.
Gli ingredienti di questo dilagante fenomeno generazionale sono: la crisi economica ed il clima di generale depressione dei consumi uniti alla sempre più vasta possibilità di poter visitare le “virtuali vetrine” dei nostri negozi preferiti in ogni momento della giornata e da qualsiasi posto. Una realtà economica pesante per il consumatore (soprattutto per i giovanissimi) che incontra una realtà diversa, quella virtuale appunto, nella quale poter dimenticare le difficoltà quotidiane e riscoprirsi consumatori, acquirenti, anche se in un modo totalmente nuovo. Visitare il sito di shopping on-line preferito, guardare i capi proposti, condividere le nostre scelte sui social, chiedere consigli attraverso una foto pubblicata su Instagram o inviata alle amiche, riempire il carello virtuale, allungare la nostra “Wish List” e fermarsi a ciò, senza procedere all’effettivo acquisto.