Una tecnica unica.
Lo incontri e lo senti riservato, certosino nella preparazione del suo lavoro. Poi lo scopri inventore, alchimista. Enzo Rosamilia, Auletta (Salerno), 1955, già piccolissimo, inventava, nascosto sotto una tenda autoconfezionata, giochi con la malta e le erbe selvatiche. Poi, i fratelli più grandi cominciarono a chiedergli di andare alle cartiere di Amalfi per comprare quegli straordinari fogli di carta “ruvida”, ancora freschi della mano dell’uomo, per potervi disegnare ad acquerello e per preparare le partecipazioni, nozze, battesimo, lauree, che il fratello “grande”, Antonio, fotografo di cerimonie, con studio, dallo scatto alla stampa, proponeva come “pacchetto tutto compreso”. Suo primo maestro “quando, in camera oscura, su di un semplice foglio di carta, appariva la vita”, dice, privo del suo punto di riferimento, oggi che Antonio non c’è più. Comincia, 1976, a fare esperimenti di stampa su carta di Amalfi, mentre frequenta prima il Liceo Artistico (ove ora insegna, a Salerno) e poi l’Accademia di Belle Arti. Potrebbe sembrare artista rétro, visto l’amore per l’artigianato artistico e per un luogo, le cartiere, ove l’acqua, i macchinari di un tempo, la Valle dei Mulini, fanno subito pensare alla Provenza e alla Vaucluse di Petrarca. Ma chi, invece, prima di lui – e dopo – aveva pensato di adoperare questa “carta” (che appare più tela, o stoffa) per rendere diverse da ogni altra le fotografie? Dunque il futuro, l’unicità. Cos’è che lo stimola? “Nelle scuole è difficile poter insegnare questa ‘tecnica’. Occorrono molte ore, giorni di prova.
Credo di essere l’unico fotografo ad usare questo metodo. E non soltanto per riproporre reperti antichi, portoni nobiliari, serrature, ma anche volti di attrici o ritratti di oggi e di ieri. Wharol tra i primi. Inoltre una fotografia di questo genere, proprio per il grande lavoro alla base, è molto costosa. Dunque, tutto è più complicato. Oggi, poi, il digitale è usato anche dagli artisti più noti. Magari intervenendovi, poi, manualmente. Con il colore o con altre tecniche. Faccio diventare supporto fotografico la carta artigiana. Preparo un’emulsione al bromuro d’argento, che ‘sembra’ uguagliare la carta di Amalfi a quella fotografica. In questo modo ‘sensibilizzo’ la carta tirata a mano. Ma il vederla uguagliata ad una carta fotografica normale è soltanto una sensazione, un’impressione. Infatti, dopo poco, ecco apparire i ‘rilievi’, le ‘rughe’, un risultato del tutto diverso dall’immagine tradizionale, quasi una trama o la ‘parete’ ad intonaco”. Nel ’79, la prima mostra di fotografie su carta di Amalfi, anche se, spesso, vengono esposte anche fotografie “più tradizionali”. A colori molto speciali, molto forti oppure con strisce di “arcobaleno”. Sempre, però, con l’occhio alla commistione delle tecniche.