I nuovi giovani, con la valigia pronta, sempre a portata di mano.

Si chiama “brain drain” e con la traslitterazione in lingua italiana indichiamo – fonte il Vocabolario della Lingua italiana, lo Zingarelli – il fenomeno per cui scienziati, studiosi o intellettuali lasciano sistematicamente  i loro Paesi e si trasferiscono in altri per le migliori possibilità loro offerte. Definizioni a parte, il danno inflitto all’economia statale è enorme: la forza lavoro qualificata, sulla quale lo Stato ha investito importanti risorse, viene sradicata dal tessuto territoriale. L’intellighenzia nazionale è costretta ad emigrare, lasciando al Bel Paese i monti, il mare e le colline. Annotiamo ad un post-it da affiggere allo sportello del frigo, perché possano restare bene impressi, i dati forniti dall’Istat, con il report dedicato a “Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente”. Sarebbero 82mila i giovani italiani che nel 2013 hanno deciso di emigrare all’estero. Tra i connazionali in partenza le destinazioni più ambite sarebbero il Regno Unito – 13mila emigrati, tra i quali una consistente porzione è laureata, circa 3300 – a seguire Germania – con i suoi 11mila emigrati, con 2000 laureati – , Francia – 8mila, con 1600 laureati– e gli Stati Uniti – 5mila, con 1400 laureati. Tra gli 82mila individuati  la maggioranza ha un’età compresa tra i 20 e i 45 anni. Gli uomini più delle donne – circa il 60%. Le cause del fenomeno, che rispetto ai dati del 2012 ha subito un incremento del 21%, sono molteplici. Tanto per riportare i soliti noti esempi, a dover di cronaca, in ordine sparso: la precarietà delle condizioni lavorative, il basso livello salariale, i criteri di selezione poco meritocratici e la mancanza di strutture di supporto poco adeguate. Il problema non risiederebbe nel “numero di giovani Italiani qualificati che lasciano l’Italia”: secondo l’OCSE ( l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) la questione rientrerebbe in termini di attrattività. Con i dati alla mano, restando fedeli alle rilevazioni Istat, il numero degli stranieri che scelgono il nostro Paese nel 2013 è calato in percentuale del 12%. L’indagine rivela tuttavia che il Paese resta stabile nei confronti di particolari flussi migratori: nuove iscrizioni da parte di Ucraina (13000), Cina (17000) e Marocco (20000). La comunità rumena raggiunge il punto più alto del podio con le proprie 58000 nuove presenze. Le indagini confermano un errore strutturale, una discrepanza tra i laureati che partono per altre destinazioni rispetto ai laureti che invece da altre destinazioni arrivano. Restare, andare via, rientrare per progetti temporanei o contribuire a distanza, questi sono i modelli che auspicano i governi, per la circolazione dei cervelli, e non per una loro definitiva emigrazione. Per un’Italia “diffusa”, poiché in un contesto globale, in cui le distanze sono azzerate, chi parte dovrà pure ritornare e una volta rientrato dovrà fare tesoro delle proprie esperienze. Sono i nuovi giovani, quelli con la valigia sempre in mano.

 

 

 

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