I nuovi giovani, con la valigia pronta, sempre a portata di mano.
Si chiama “brain drain” e con la traslitterazione in lingua italiana indichiamo – fonte il
Vocabolario della Lingua italiana, lo Zingarelli – il fenomeno per cui scienziati, studiosi o
intellettuali lasciano sistematicamente i loro Paesi e si trasferiscono in altri per le migliori
possibilità loro offerte. Definizioni a parte, il danno inflitto all’economia statale è enorme: la forza
lavoro qualificata, sulla quale lo Stato ha investito importanti risorse, viene sradicata dal tessuto
territoriale. L’intellighenzia nazionale è costretta ad emigrare, lasciando al Bel Paese i monti, il
mare e le colline. Annotiamo ad un post-it da affiggere allo sportello del frigo, perché possano
restare bene impressi, i dati forniti dall’Istat, con il report dedicato a “Migrazioni internazionali e
interne della popolazione residente”. Sarebbero 82mila i giovani italiani che nel 2013 hanno
deciso di emigrare all’estero. Tra i connazionali in partenza le destinazioni più ambite sarebbero il
Regno Unito – 13mila emigrati, tra i quali una consistente porzione è laureata, circa 3300 – a
seguire Germania – con i suoi 11mila emigrati, con 2000 laureati – , Francia – 8mila, con 1600
laureati– e gli Stati Uniti – 5mila, con 1400 laureati. Tra gli 82mila individuati la maggioranza ha
un’età compresa tra i 20 e i 45 anni. Gli uomini più delle donne – circa il 60%.
I motivi della fuga:
Mancata crescita del PIL italiano
Un tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) del 42,3% (dati ISTAT, Aprile 2014)
La costante crescita dei contratti temporanei specchio del precariato
Aumento del fenomeno del “sottoinquadramento”,
Scarsi investimenti in ricerca (1,26% del PIL contro una media UE del 2%, dati ISTAT)