Il governo libanese con la decretazione di una commissione d’inchiesta si è dato un tempo massimo di quattro giorni per la ricerca della verità su quanto avvenuto nel porto di Beirut.

Charbel Wehbe, ministro degli esteri del Libano, ai microfoni dell’emittente francese Europe 1 durante la rassegna d’informazione mattinale ha anticipato alcuni dettagli sullo stato delle indagini che imputano la responsabilità della tragedia – oltre 140 morti e 4mila feriti, nonché 300mila sfollati, fonte il magazine economico-commerciale Le Commerce du Levant – “alla mala gestione  ed alla condotta negligente nello stoccaggio di materiale altamente infiammabile ed esplosivo” all’interno dei magazzini portuali.

Del pericolo si parlava già nel 2015

Già cinque anni fa, sussisteva l’allarme a proposito della natura pericolosa del materiale stoccato nel porto della capitale libanese in seguito al sequestro di un carico nel 2013 proveniente da una nave moldava bloccata sulla rotta Georgia-Monsambico.

All’epoca si decise per la collocazione dell’imbarcazione mercantile Rhosus, la cui navigazione per problematiche strutturali non era stata più considerata sicura – poi affondata nel 2017 –, all’interno di una vasca di carenaggio e per l’immagazzinamento del prodotto sequestrato all’interno di un luogo invece considerato sicuro – ovvero nell’hangar numero 12 del porto di Beirut –.

Riportando quanto emerge dalle dichiarazioni di Badri Daher, direttore generale delle dogane libanesi, al quotidiano indipendente L’Orient-Le Jour, dal 2014 e sino al 2017 il dipartimento delle dogane avrebbe richiesto – senza sviluppi – per ben cinque volte alle autorità giudiziarie del paese di esportare la pericolosa sostanza stoccata o venderla all’azienda libanese specializzata nella fabbricazione di esplosivi Majiid Chammas&Co.

Una scintilla

L’innesco dell’incendio prima e dell’esplosione conseguente sarebbe stato determinato, riprendendo Le Commerce du Levant,  da lavori di saldatura a ridosso del materiale. Nell’occhio del ciclone dunque anche la Beirut Port Management and Operation Company che sovrintende al complesso delle attività portuali.

Alla società, la direzione delle dogane libanesi attribuisce la responsabilità della tragedia in quanto “questo non è un problema doganale, perché la merce è stata immagazzinata in un hangar del porto di Beirut. Questi hangar sono gestiti dalla direzione del porto”.

Il direttore Hassan Koraytem della società che gestisce il porto, di tutta risposta, sarebbe insorto, attribuendo vicendevolmente la responsabilità alle dogane: “Sorpreso dal fatto che non ci siamo liberati del materiale stoccato, nonostante la corrispondenza tra dogane e magistratura”.

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