È l’allarme sottinteso nel corpo della relazione semestrale inviata al Parlamento che ha come mittente il ministero dell’Interno “sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia” relativamente al periodo luglio-dicembre 2019 e con riferimento speciale alla situazione economica in fase di determinazione, in seguito all’emergenza sanitaria da Covid-19.

“Un’emergenza globale e senza precedenti – è il capoverso di esordio del capitolo speciale – che impone un approfondimento anche in questa sede, perché, se non adeguatamente gestita nelle fasi di ripresa post lockdown, può rappresentare un’ulteriore opportunità di espansione dell’economia criminale”.

Un duplice scenario

All’orizzonte, come emerge dal rapporto, si profilano due differenti scenari di breve e medio-lungo periodo, nei quali si prevede una concentrazione delle attività da parte della criminalità organizzata.

In prima istanza, “le organizzazioni mafiose tenderanno a consolidare sul territorio, specie nelle aree del Sud, il proprio consenso sociale , attraverso forme di assistenzialismo da capitalizzare nelle future competizioni elettorali”. Ed  attraverso un sostentamento economico sotto forma di prestito che non mancherà ai gestori di attività commerciali dalle dimensioni medio-piccole.

In prospettiva, le autorità ipotizzano come l’erogazione di prestiti costituisca soltanto il primo step della strategia più articolata del breve periodo: obiettivo “fagocitare le imprese più deboli, facendole diventare strumento per riciclare e reimpiegare capitali illeciti”.

Sul secondo scenario , ovvero quello relativo al medio-lungo periodo, sotto la lente d’ingrandimento la “’ndrangheta”. “Le mafie – riporta la relazione – vorranno ancor più stressare il ruolo di player, affidabili ed efficaci su scala globale. L’economia internazionale avrà bisogno di liquidità ed in questo le cosche andranno a confrontarsi con i mercati, bisognosi di consistenti iniezioni finanziarie”.

Dall’infezione sanitaria a quella finanziaria mafiosa

Attenzione sulla fase 3 quando le maglie della burocrazia dovranno sopportare i tentativi di infiltrazione da parte dei gruppi criminali organizzati: “Sarà fortemente auspicabile, perciò, l’adozione di una strategia di prevenzione antimafia adattativa. Una strategia che sia in grado di fronteggiare quella mafiosa, ancorata da sempre ad un suo vecchi adagio: incudine nel tempo dell’attesa e martello in quello dell’azione”.

Pertanto l’auspicio è per la facilitazione del lavoro delle Prefetture, “epicentro degli accertamenti antimafia in materia di appalti pubblici”, per interventi “adattabili, consonanti con le esigenze che di volta in volta si prospetteranno”.

In tale contesto il rapporto non manca di menzionare  “l’Organismo permanente di monitoraggio ed analisi sul rischio di infiltrazione nell’economia da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso”, un organismo interforze – Polizia, Carabinieri, Finanza, Penitenziaria, DIA, Direzione centrale per i servizi antidroga e Polizia Postale – istituito proprio nello scorso aprile 2020 dal Capo della Polizia.

“Una struttura – spiegano – chiamata a mettere a sistema tutte le informazioni utili ad anticipare ogni iniziativa di espansione, di alterazione del mercato, di inquinamento del tessuto economico, di condizionamento dei processi decisionali pubblici funzionali all’assegnazione degli appalti da parte della criminalità organizzata”.

Prima del Covid

Una situazione italiana sulla quale vigilare costantemente, soprattutto alla luce della caos pandemico. A dicembre 2019 infatti risultavano commissariati per infiltrazioni mafiose 51 enti locali – per un dato così rilevante bisogna risalire a prima del 1991 – dei quali 25 soltanto in Calabria. A seguire la Sicilia -12 -, 8 in Puglia, 5 in Campania ed uno in Basilicata.

Foto di Marek Studzinski; fonte unsplash.com

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