Riassumere in una manciata di battute chi in vita è stato elevato ad icona popolare, malgrado gli eccessi, nonostante gli errori. Provare a ripercorrere i passaggi di chi ha vissuto al massimo nel bene e nel male, di chi durante un mondiale di calcio durante la stessa partita ha segnato dapprima con un gol di mano e successivamente, nella seconda occasione, scartando ogni avversario esistente sul terreno di gioco si è diretto verso la porta per poi sbalordire tutti con un altro goal. Contro gli Inglesi, una rappresentanza calcistica che in quel momento rimanda a ben altri tavoli del potere, quando la guerra delle isole Falkland tra Gran Bretagna ed Argentina occupava l’attualità dei giornali.
Politicamente scorretto, campione con debolezze umane ma dal talento sovrumano, Diego Armando Maradona è stato l’eroe del riscatto, e questo il mondo non lo nega: un leader terzomondista sudamericano, un esponente del meridionalismo italiano al tempo del gioco del pallone.
Nello stato-nazione di Napoli è stato accolto da Re. In suo onore, genitori hanno chiamato la prole con il suo nome. E adesso si pensa di intitolare anche il tempio più importante, dove il prodigio ha istruito i fedeli sul culto: si pensa infatti alla conversione del nome dello Stadio San Paolo di Napoli in Stadio Diego Armando Maradona.
Con oggettiva soggettività, si può dire che Diego Armando Maradona non può essere riassunto nella classificazione di calciatore fuori dal comune, fuori dalle regole. Senza retorica Diego è chi ha saputo dare una speranza a chi non l’aveva. È chi ancora oggi offre l’esempio di riscatto a chi neanche l’ha conosciuto, a chi neanche l’ha visto giocare in campo. Diego è stato e rimarrà la fede incrollabile per chi sogna un mondo capovolto.
Nel parlare di Maradona affiorano anche le contraddizioni. Vale allora questa considerazione: che a vivere come Maradona serve davvero talento. Grazie Diego.
Foto di Jack Hunter; fonte unsplash.com