Gli economisti possono aver sbagliato. Gli stessi possono, nonostante tutto continuare a farlo.  Ma, è ammesso anche questo in un regime di libero mercato all’interno di un mondo globalizzato. Nessuno tocchi Caino e nessun’altro utilizzi l’indice della proprie mani per additare qualcun altro. Tutti, nessuno escluso. “Può sembrare strano che un economista parli di senso civico e morale, e non di deficit, o di investimento, o di costo del lavoro. Ma l’economia è cambiata e sono anche cambiate le ricette degli economisti. Oggi il vantaggio comparato di una nazione è dato dal suo capitale umano e dal suo capitale civico, ovvero dal sistema di valori che permette di allocare questo capitale umano nel modo più produttivo. L’Italia è oggi povera di entrambi. La domanda essenziale è allora: perché oggi in Italia manca una cultura della meritocrazia? La mia risposta è perché manca una cultura della legalità. La mancanza di legalità e meritocrazia elimina gli incentivi ad accumulare capitale umano”. Sono parole queste di Luigi Zingales, economista, accademico e blogger, che qualche anno fa -correva il 2012- presentava un’opera dal contenuto vivace, attualissima: “Manifesto Capitalista. Una rivoluzione contro un’economia corrotta”. Il saggio si configura come un importante approfondimento delle cause e delle ragioni di ogni crisi economica, che in definitiva ritrova humus fertile in stati di connivenza, clientelismo ed illegalità. Nel corso della crisi siamo stati tutti costretti ad iscriverci, anche passivamente, ascoltando pedissequamente ciò che accadeva nella quotidianità, tanto nell’Eurotorre di Francoforte quanto dal fruttivendolo sotto casa, a dei corsi intensivi di macroeconomia. Il Paese, scriveva Zingales all’interno di un’opera moderna, di un nuovo Manifesto, è affetto da una crisi profonda: “Il male oscuro dell’Italia, dal mio punto di vista è che l’Italia è governata non dai migliori, non dai mediocri, ma dai peggiori”. L’opera diventa in tale maniera un accorato appello all’impegno civile del singolo, che insieme diventa collettività. Bisogna ricostituire un senso civile e morale senza eguali, sradicando il sistema che ha creato tale “cachistocrazia”, o governo dei peggiori. Pensare al debito o alla decrescita quando regnano sovrani i mali del comune senso civico sarebbe come “voler curare il raffreddore quando il cancro ci divora”. All’interno di una descrizione critica di una penosa realtà, l’economista descrive con dovizia di particolari l’idea irraggiungibile di “meritocrazia” in Italia. La mancanza di meritocrazia elimina gli incentivi ad accumulare capitale umano, dicevamo. “Se io politico, capo di partito, Capo di Governo voglio ottenere dei benefici o dei favori che non mi competono, non nomino un candidato competente, ne nomino uno fedele. E non c’è persona più fedele del buono a nulla, che non ha alternative. Se io imprenditore voglio assicurarmi che le mie tangenti, le mie evasioni fiscali, i miei intrecci col potere politico non vengano rivelati, non scelgo il manager migliore, ma quello più fedele. Questo è il motivo per cui in Italia ci sono le migliori segretarie ed i peggiori manager. In un sistema globalizzato che non premia il merito, l’economista Zingales teorizza la propria ricetta , quella del buon cittadino.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here