Con un Consiglio Europeo ormai ai titoli di coda è ora di tirare le somme su quanto raggiunto in maniera quanto più condivisa tra i leader dei paesi europei a proposito uno dei temi caldi dell’agenda europea: l’accordo commerciale con la Gran Bretagna.
Questo accordo non s’ha da fare
“Il Consiglio Europeo – è la nota riassuntiva dei lavori elaborata dal Consiglio al termine della due giorni di Bruxelles – ha ricordato che il periodo di transizione terminerà il 31 dicembre 2020 ed ha rilevato con preoccupazione che i progressi sulle questioni fondamentali di interesse per l’Unione non erano ancora sufficienti”.
Insomma i leader al tavolo hanno convenuto che al momento i termini e le condizioni per l’istaurazione di un partenariato di natura commerciale con la Gran Bretagna non sussistano: nella pratica l’offerta del Regno non sarebbe allineata alle “direttive di negoziato del 25 febbraio 2020, nel rispetto degli orientamenti, delle dichiarazioni e delle dichiarazioni del Consiglio Europeo concordati in precedenza”.
Verso il “no deal”
Al momento non esiste alcun accordo di natura commerciale tra l’Unione Europea ed il suo ex paese membro, un accordo volto ad armonizzare il commercio e gli scambi. Dal numero 10 di Downing Street hanno premuto sino all’ultimo affinché l’Unione Europea accettasse un accordo di libero scambio, ma i leader non hanno voluto ascoltare ragioni su questioni quali “parità di condizioni, pesca e governance”
Alla conclusione del vertice, il premier britannico avrebbe definito “inutile” il viaggio del caponegoziatore Michel Barnier, il quale la prossima settimana dovrebbe essere a Londra, perché “il tempo per i colloqui è ormai finito”.
Tutte le questioni
Per spiegare cosa i leader europei non condividono di un accordo ancora non in essere, potrebbe essere interessante esaminare la situazione dalla prospettiva britannica. Come suggerito dall’agenzia BBC, quando relativamente alla questione si tocca il tasto chiamato “parità di condizioni” discorriamo a proposito di misure da un lato e dall’altro della manica nei confronti di imprese e lavoratori equivalenti: “L’Unione Europea vuole che il Regno Unito si attenga alle norme UE su diritti dei lavoratori, normative ambientale ed aiuti di stato”. Ma qui si mette in discussione quel leitmotiv “contro le regole comuni” che ha avuto poi la meglio nel risultato referendario.
Capitoli pesca e governance
La Gran Bretagna chiede di accedere al mercato ittico europeo per vendere il proprio pesce. Dal canto proprio, l’Europa chiede di entrare con barche sotto proprie bandiere nazionali nelle acque territoriali della Corona per poter pescare. Ed anche in questo caso la bandiera demagogica di “Gran Bretagna come stato indipendente costiero” s’innalza e chiede rispetto.
Infine, c’è un grande buco nero quando si parla di “governance”: tra le tante e tali questioni, quale sarà il ruolo della Corte di Giustizia europea nelle future azioni del governo di Londra, post EU.
Sul confine tra Irlanda ed Irlanda del Nord
Questione nella questione è infine l’azione legale della Commissione Europea intentata nei confronti degli “amici britannici” agli inizi di ottobre – una lettera di costituzione di messa in mora – affinché siano chiarite le intenzioni del controverso progetto di legge “United Kingdom Internal Market Bill” che costituisce un’infrazione agli accordi già concordati di recesso – altra questione rispetto all’accordo commerciale mancato – da parte del Regno Unito, che in altri termini secondo la Commissione “rappresenta una palese violazione del protocollo tra Irlanda ed Irlanda del Nord”.
Alla base delle intenzioni britanniche la volontà di garantire che gli scambi commerciali tra le quattro nazioni del Regno – Inghilterra, Galles, Scozia ed Irlanda del Nord – procedano senza interferenze e senza barriere al termine del periodo di transizione. Ma a creare problemi è il passaggio delle merci proprio tra Irlanda del Nord ed Irlanda, la quale condivide uno stretto confine con chi ha preteso e firmato il divorzio: secondo il protocollo firmato nell’ottobre 2019 l’Irlanda del Nord continuerà ad osservare le leggi su dogane e qualità dei prodotti fissate dal legislatore europeo; tuttavia – ed è questa la questione – prodotti provenienti da un mercato non comunitario – gli altri paesi del Regno – passeranno in un mercato comunitario – secondo il protocollo – senza alcun controllo qualora passasse IMB.
Johannes Ungerer, che insegna diritto dell’Unione Europea all’università di Oxford, esaminando la questione a proposito della richiesta formale da parte della Commissione, auspicava a qualche giorno di distanza dalla missiva indirizzata a Londra da parte della Commissione che in un quadro generale il Regno Unito modifichi o elimini il disegno di legge “come un aspetto dei negoziati in corso sulle future relazioni UE-Regno Unito”.
Fonte foto consilium.europa.eu
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