Brexit

Immaginate di essere tra quegli italiani che qualche anno fa hanno deciso di investire acquistando una casa nel Regno Unito. Magari con un mutuo che pensavate di ripagare mettendola in affitto una volta tornati in Italia. Purtroppo arriva la pandemia, i turisti scarseggiano e intanto dovete continuare a pagare il mutuo, le tasse condominiali, per non parlare di quelle municipali. Ma da gennaio, con la Brexit, il Regno Unito è uscito ufficialmente dall’Europa e compare magicamente una IMU extra per tutti gli italiani che hanno casa a Londra. Ma da dove è saltata fuori?

Facciamo chiarezza

La tassa non arriva dal Regno Unito, come si potrebbe pensare in un primo momento, ma dall’Italia: si chiama IVIE ed è una tassa sugli immobili che in realtà c’è sempre stata ma, fin quando in Europa non si era ancora verificata la Brexit, passava quasi inosservata visto che ammontava allo 0,76% del valore catastale. Questo valore faceva parte dell’interscambio di informazioni tra i paesi dell’Unione, che da gennaio è cessato, così IVIE viene basata ora sul valore di mercato o sul prezzo di acquisto (a seconda di quale sia il più basso).

Il costo di una casa a Londra non ha fatto che lievitare vertiginosamente negli ultimi ann. Si può facilmente immaginare quanto quel 0,76% sia iniziato a pesare. Se pensiamo a un immobile al centro di Londra con un valore di mercato di 1,5 milioni di sterline, per gli italiani significa sborsare 10mila sterline in più ogni anno. Lo spiegano i fiscalisti dello Studio Statura, come riporta ilSole24Ore, a cui si aggiungono le 2-3mila sterline che servono solitamente per una perizia immobiliare (consigliata solo se tale valore è sceso di molto nel tempo).

Con IVIE, l’Agenzia delle Entrate si ritrova a poter beneficiare di questa “nuova” tassa, ma in quanti sono realmente disposti a sostenere certi costi? Forse è una cifra che, in larga misura, non peserà molto sulle tasche di chi è abituato ad acquistare immobili. Ma con il mercato praticamente in stallo per via della pandemia, è più probabile che molti saranno spinti a vendere. D’altronde che investimento sarebbe, senza un ritorno?

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