Ha iniziato la sua attività quasi 30 anni fa, dal piccolo garage di casa sua, vendendo libri on line. In poco tempo, Jeff Bezos ha costruito l’impero Amazon, facendola diventare una delle aziende più ricche del mondo.

Da libreria a mercato

Dal 1994 ad oggi, il colosso dell’e-commerce ne ha fatta di strada: nel 1997 Amazon viene quotata in borsa trasportando su internet più di 2,5 milioni di libri; nel 1998 il negozio on line ha iniziato ad espandere la sua offerta, includendo ogni cosa, come cd, dvd, capi d’abbigliamento e prodotti per ufficio; nel 1999, Amazon ha invitato i venditori di terze parti a iniziare a mettere la merce sul suo marketplace e competere direttamente con i prodotti che Amazon vendeva.

Il saluto

Oggi Jeff Bezos, con un patrimonio di circa 196 miliardi di dollari, è la persona più ricca del mondo. Eppure martedì scorso l’annuncio: “Sono entusiasta di annunciare che passerò alla presidenza esecutiva del Consiglio di amministrazione di Amazon e che Andy Jassy diventerà Ceo. Andy sarà un leader eccezionale e ha la mia piena fiducia”. Con queste parole, contenute in una lettera ai dipendenti, il fondatore della società di Seattle, ha dichiarato che non sarà più l’amministratore delegato.

Bezos ha spiegato di “voler concentrare le sue energie su nuovi prodotti e iniziative” e dunque di non voler andare in pensione ma di volersi dedicare ancor di più alla sua compagnia di viaggi spaziali Blue Origin e al quotidiano di sua proprietà The Washington Post.

“Se viene fatta bene, un’invenzione, per quanto sorprendente, qualche anno dopo diventa normale. La gente comincia a sbadigliare. Ma quello sbadiglio è il più grande complimento che un inventore possa ricevere. Quando guardate i nostri risultati finanziari, quello che state vedendo in realtà sono i risultati cumulativi a lungo termine di quell’innovazione. In questo momento vedo Amazon al massimo della sua capacità di inventiva e ciò rende questo momento quello ideale per questa transizione”.

L’evoluzione di Amazon

Oggi Amazon vale circa 1.500 miliardi di dollari nella borsa in cui è quotata: quel Nasdaq che nacque proprio l’8 febbraio 1971. Prima borsa al mondo esclusivamente elettronica, nacque quando ancora i pc non erano entrati nelle case, ma già era chiaro che avrebbero cambiato il mondo e quindi serviva un settore riservato a loro in borsa per far andare a braccetto economia e tecnologia.

Il giorno del suo debutto aveva un valore di 100 punti: quasi trent’anni dopo, il 10 marzo del 2000, toccò il suo primo massimo storico di 5.132. Erano gli anni del boom della New Economy che sarebbero finiti a breve con lo scoppio della bolla speculativa delle Dot-com. I bilanci delle società quotate che promettevano di cambiare il mondo con la tecnologia mostrarono i primi risultati negativi e misero in evidenza quanto era stata eccessiva la fiducia dei mercati.

Una continuazione con altri mezzi di quanto già successo con i tulipani in Olanda nel Seicento, quando i prezzi dei bulbi crollarono lasciando senza nulla chi aveva investito, o di altre decine di bolle scoppiate dopo. Ma i mercati spesso faticano a imparare. Quel giorno gli investitori spaventati iniziarono a vendere, facendo crollare il valore generale del Nasdaq quasi del 9%. Nel 2004, solo il 50% delle società quotate nel 2000 erano ancora attive, spesso a quotazioni infinitesimali rispetto ai loro massimi. Solo le più solide, come Apple e Amazon ripresero a crescere negli anni successivi.

Oggi che si è ripreso, l’indice dei principali titoli tecnologici della borsa americana ha in pancia 3 mila titoli, tra cui Microsoft, IBM, Apple, Google, Facebook e Amazon. Gli scambi giornalieri sono secondi solo a quelli del Dow Jones, l’indice storico di Wall Street. Nel 2020, durante la pandemia, l’indice è tornato in gran forma, con un rialzo di oltre il 42%. Tra i titoli più performanti, Tesla, che ha registrato un +743%, Nvidia (+122%), Apple (81%), Amazon (+77%) e sì, Zoom, con un +396%. Il timore ora? Che nasca un’altra bolla, magari portata dalla fine dei lockdown.

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