benessere psichico

È certamente un’ottima notizia quella che apprendiamo riguardo allo stanziamento progressivo di fondi, che il Governo ha deliberato per venire incontro alla serissima problematica del “disagio psichico”. Non che i problemi psichici siano ancora “tabù”, come molti anni fa. Questo no. Per fortuna è difficile ascoltare, oggi, storie di genitori che non vogliono mettere i figli “in mano agli strizzacervelli”, e… non permettetevi di dire che mio figlio è pazzo. È sempre più difficile imbattersi in situazioni del genere, anche se dolorose eccezioni ancora permangono. 

Ad ogni modo, il contributo del Governo per il benessere psicologico è per ora previsto nell’ordine dei 600 euro massimi per sostenere i cicli di psicoterapia, da distribuire tra i cittadini che effettueranno la domanda e rientreranno nei “requisiti reddituali” calcolabili in base al valore dell’ISEE (l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente). Poi, a seconda del valore preciso dell’ISEE (meno di 15.000 euro di reddito annui, meno di 30.000 e meno di 50.000), l’erogazione sarà modificata. Il costo medio di una seduta psicoterapeutica singola è considerato corrispondente a 50 euro – ovviamente con un professionista iscritto all’albo -. 

Benessere psichico, pandemia e “nuovi vissuti sociali”: una generazione complessa

Ancora una volta, a spingere verso l’approvazione politica di una “voce” di spesa da inserire nel bilancio statale, è stata, tra le altre cose, l’esperienza pandemica. Non solo quella, è chiaro. Ma la presentazione del decreto è esplicita: l’obiettivo è aiutare le persone «in condizione di depressione, ansia, stress e fragilità psicologica, a causa dell’emergenza pandemica e della conseguente crisi socio-economica». La pandemia e il lockdown, l’“innaturale” utilizzo di mascherine che coprivano i volti, l’attenzione alla “distanza sociale” (già la definizione coincide con un istintivo immaginario “soffocante”), anche il “conflitto” dei vaccini, che ha spaccato in due la comunità, al di là degli innegabili effetti sulla curva pandemica… Tanti sono stati i motivi di profondissimo disagio, nell’attesa snervante e corrosiva che “tutto andasse bene” e finisse presto. Ma il Covid-19 non era solo, ad alzare il velo che copriva una società fragile e posta davanti ai propri fantasmi.

Una nuova consapevolezza della sofferenza: un nuovo vocabolario

Il mondo social non ha “creato” nuova “barbarie”: ci ha fatto solo rendere conto di quanto profondamente un essere umano possa affondare il coltello nella psiche altrui, generando crateri di dolore dalla profondità vertiginosa. Abbiamo “battezzato”, nostro malgrado, il revenge porn, la vigliacca vendetta che consiste nel rendere pubbliche immagini dell’intimità sessuale di un’altra persona. Ci siamo confrontati con notizie di suicidi delle vittime del revenge. È in rete, certo, che ci siamo “accorti” di alcune tra le più terribili esperienze di body shaming. In tal modo abbiamo “scoperto” nuove ferite possibili, le abbiamo inquadrate in maniera rigorosa sotto un “faro ultra-luminoso”. Internet è stato semplicemente una porta in più in cui entrare “per ferire”, ma alla fine ci ha fatto radiografare la natura di certi rapporti malati. Abbiamo compreso quanto dolore circola nella comunità. Allora è davvero una buona notizia questo passo avanti verso un “diritto” alla salute psichica. 

 

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