Quando tecnologia non coincide con sviluppo.
Il percorso di razionalizzazione delle tecniche scientifiche conduce a delle scelte importanti che alle volte incontrano barriere di natura ideologica o etica. Se il processo di tenicizzazione proseguisse senza interruzioni non sarebbe del tutto un bene. È necessario farsi delle domande, alle quali cercare, almeno, di rispondere. Il filosofo, nonché eurodeputato, Gianni Vattimo si è più volte interrogato sulle derive del processo in fieri di tecnicizzazione, spostando l’accento sul problema della libertà, che verrebbe preclusa. Si parla di tecnologia del virtuale, alludendo ad una rete, la Rete, non ancora ben identificata nella sua organizzazione. Dalla struttura totalitaria, verticistica? Panacea di tutti i mali? Sofisticata democrazia o antidemocrazia? Già nel 1999 il filosofo urbanista Paul Virilio aveva lanciato un monito per le generazioni di sdraiati, che avrebbero trovato una nuova fittizia identità in quel mondo virtuale. Con “La bomba informatica” Virilio presentò il suo manifesto contro quello, da lui definito, “l’integralismo tecnologico”, conciliando all’intero della stessa area i fenomeni di globalizzazione, bomba informatica e bomba genetica, che nel corso di trent’anni si sono nutriti secondo un movimento ascensorio dalla mammella della telecomunicazione informatizzata. Dirà Virilio “la globalizzazione concerne l’effetto serra dromosferico dell’internamento nell’accelerazione limite delle telecomunicazioni”, dove per dromos intende velocità, che annulla virtualmente i margini spaziali. Alcuni presentatori televisivi del terzo tipo alle volte si esibiscono in performance, del terzo tipo, con la surreale affermazione “Entriamo nelle case degli italiani per far loro compagnia” e hanno ragione, perché non è aberrante affermarlo quando lo strumento di informazione o comunicazione diventa il protagonista della discussione. La metropoli globale prende forma all’interno di uno scenario virtuale che annichilisce il concetto di centralità. Viviamo in maniera periferica un presente che sembra esserci sconosciuto. La spettacolarizzazione del linguaggio prende via via forma, la letteratura si converte in scrittura ibridata e influenzata e il dialogo diventa talk-show, uno spettacolo di parole, al quale si assiste impotenti, da estranei, che contemporaneamente ascoltano, s’interessano ma che, sarò scortese, “sono intrattenuti”.