Una fotografia, molte volte, sa spiegare più delle parole. Regala emozioni, svela dettagli invisibili all’occhio umano, racconta storie segrete forse irreali eppur fantastiche. Ma un’immagine è bella non solo grazie alle tecnologie attraverso le quali si cattura. L’anima di chi ne coglie la bellezza in un attimo, in un battito d’ali, ne è la vera essenza. Questo si vede attraverso le immagini di un giovane fotografo italo-canadese: Alessandro Cancian. Un uomo dall’aspetto rassicurante, viso simpatico, un’aria stropicciata tipica di chi può passare una notte all’addiaccio, muscoli tesi anche all’alba per catturare quell’unico istante magico. Alessandro Cancian, classe 1970, è nato nella provincia di Venezia. Studi classici, numerose collaborazioni con il settore dell’editoria, la ricerca di un lavoro all’estero e la valigia per il Canada, lasciandosi alle spalle l’Italia e Venezia.

La Serenissima non è, attraverso i suoi occhi, solo la città del Carnevale e delle gondole. E’ un viaggio nella propria anima. Un rapporto, quello con la sua terra d’origine, che muta negli anni, spesso nei giorni. Della città lagunare ha saputo immortalare, negli anni, angoli nascosti, calli, portici, luci colori ma anche ombre e misteri. E qui nascono scatti suggestivi come quelli della serie Dark Venice. Tra i suoi “maestri” Cartier Bresson, che con il suo “Bacio” ha certamente ispirato uno scatto simile in Piazza San Marco. E ancora Paul Nicklen, fotografo naturalista firma celebre del National Geographic. Sì, perchè Alessandro ha un’autentica passione per la natura, tanto dei paesaggi italiani quanto delle selvagge distese canadesi. Qui, tra alberi secolari o nascosti da manti di neve immacolata si celano, gelati dallo scatto della sua amatissima Nikon d3s (da cui non si separa mai) splendidi e fieri rapaci. “Adoro i gufi – spiega – per quell’aura di mistero che li circonda e occhi che non ti mollano mai. Sembrano quasi sfidarti”. E lui la sfida la raccoglie ogni volta, cristallizzando il volo di questi signori del cielo, di cui rivela fierezza, forza e bellezza come nessuno mai.

Tra tante immagini diverse, di luoghi, paesaggi, dettagli, qual è la foto a cui è più legato? “E’ una foto di mia moglie (una critica cinematografica originaria di Montefalcione/Pratola Serra nell’Avellinese) mentre tiene per mano mia figlia nel primo giorno di scuola, non l’ho mai pubblicata e non credo mai lo farò”. Questa foto resterà privata perché otto anni fa il cuore di Cancian ha perso un pezzo e il dolore di essere vedovo da 8 anni, la tensione di esser padre di una bimba oggi adolescente, vivendo poi lontano dalle proprie origini seppure in un paese che ormai sente suo, forse a ben guardare si coglie nei suoi scatti.

Dopo numerosi premi e menzioni speciali in concorsi internazionali, Cancian, che ha già esposto i suoi lavori a Iglesias in Sardegna in occasione del loro Festival della fotografia, sta cercando di organizzare un’esposizione al suo paese natale. “Speriamo bene” dice.

Un’ultima domanda è di rito: La foto che vorrebbe fare? “Sempre quella che scatterò il giorno dopo”.

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