Intervista ad Andrea Sola, esperto e  punto di riferimento nazionale sulla nuova pedagogia. Da circa due anni ha lasciato il Veneto per trasferirsi a Napoli.

Napoli è a ferro e fuoco. Dopo quelle di Arturo e Gaetano, i due ragazzi gravemente feriti in strada senza motivo da loro coetanei, non si contano più le notizie di aggressioni violente e immotivate da parte di giovanissimi nei confronti di loro pari, ma anche di adulti. In strada, fuori o dentro la metro, in pieno giorno o di sera. Non c’è differenza. Da settimane rimbalzano su tutti i quotidiani nazionali e locali notizie di questo genere, come se la città, i suoi giovani, fossero in preda a un assurdo delirio.

Ma quello delle baby gang non è un fenomeno nuovo. Lo dicono molti degli “addetti ai lavori” tra insegnati, operatori sociali, forze dell’ordine. Le grandi città, e anche quelle più piccole, da tempo sono teatro di violenza e arene per l’esercizio della legge del più forte. Luoghi privilegiati per l’esplosione del disagio dei giovanissimi. Peggio ancora sono un quasi deserto di servizi sociali ed educativi, smantellati o drasticamente ridotti dai costanti tagli ai fondi sociali.

NowMagazine ha intervistato su questi temi il pedagogista veneziano Andrea Sola, specializzato in didattica dell’arte e redattore del sito www.educareallaliberta.org che dal 2011 si dedica a raccogliere materiali e testimonianze italiane ed internazionali sulle pratiche educative alternative.

Da circa due anni Andrea Sola vive a Napoli dove tiene corsi di ceramica presso lo “Scugnizzo Liberato”, il centro sociale autogestito allocato dentro l’ex carcere minorile Filangieri.

La prima domanda sorge quasi spontanea: cosa l’ha spinta a trasferirsi a Napoli, una città che certo non nasconde i suoi problemi?

«Sono venuto spesse volte a Napoli, avendo delle amicizie qui. In una di queste volte conobbi i ragazzi dello “Scugnizzo Liberato” che facevano il doposcuola ai ragazzi del quartiere. Questa realtà mi apparve stimolante, traboccante di energie, così, intensificai la mia presenza in città iniziando una collaborazione con “Lo Scugnizzo” per poi trasferirmi definitivamente a Napoli. Ho messo in piedi corsi di ceramica per bambini sia nella sede del centro sociale, che in altri doposcuola della zona, in particolare quest’anno opero come volontario al semiconvitto “Fabozzi”.

Da quando è arrivato ad oggi, la sua visione della città ha subito dei cambiamenti?

«Devo dire che Napoli risulta una città abbagliante al primo approccio, ma dopo non è proprio così come si manifesta inizialmente».

Lei vive ed opera in un quartiere difficile, che idea si è fatto del fenomeno delle baby gang ?

«Va detta una cosa con chiarezza: il grave disagio dei giovanissimi è un problema comune a tutto il Paese e non solo di quest’ultimo periodo. Non è solo Napoli. Qui il fenomeno delle baby gang, della violenza urbana, emerge con maggior evidenza perché si somma alla disoccupazione cronica della città. I giovani non vedono nulla all’orizzonte. Per pretendere il rispetto delle regole bisogna mettere sul piatto una contropartita, che qui nessuno vuole o può dare».

Qual è il processo che, a suo avviso, ha portato alla manifestazione di una violenza così efferata, quanto immotivata, di adolescenti verso i loro pari?

«La mia sensazione è che la eccezionalità del fenomeno sia solo mediatica: questa è una situazione che si trascina da decenni; ora però ad essa si accompagna il clamore mediatico che paradossalmente le dà forza, perché i ragazzini sono molto sensibili a questo aspetto. L’emulazione è una forza oscura che è da incoscienti sottovalutare».

I cattivi esempi, le serie tv, una su tutte Gomorra, a suo avviso possono giustificare un’assenza così pericolosa di regole civili e morali?

«Non è colpa di Gomorra, questi fenomeni esistevano già prima, ma resta il fatto che Gomorra è una porcheria perché, nonostante tutto quel mondo sia contrassegnato dal male, diventa comunque per questi ragazzi oggetto di emulazione, come stile di comportamento legittimato dal successo. E sono portati a riprodurlo “nel loro piccolo”. Gli altri aspetti micidiali sono: il concetto di serie tv, che martella ogni settimana, e il fatto che non vi sia un elemento di positività. Tutti eroi negativi. Ovviamente i bambini  con cui mi relaziono hanno visto Gomorra, e io ho deciso che a breve lo vedremo insieme. Qui c’è bisogno di formare nuovi insegnati ed educatori, metterli in condizione di fornire strumenti utili a questi ragazzi. Utili sia come formazione professionale che come strumenti per affrontare la vita, quella vera: mi riferisco all’educazione ai sentimenti, alla riflessione sul rapporto tra i sessi, sul senso di mettere al mondo figli. In quasi due anni in città ho visto che da queste parti non c’è sostegno alla genitorialità. Non c’è controllo delle nascite: ci si sposa ancora giovani e si procrea prematuramente. Se fai caso i giornali locali sono zeppi di pubblicità di abiti da sposa. Se si iniziasse da qui, nell’arco di dieci anni i risultati si potrebbero vedere. “

Ma tutto questo chi dovrebbe farlo, la scuola? Eternamente tirata in ballo?

«No, la scuola non è preparata ad affrontare questi temi. Questa scuola, così com’è,  non è programmata per l’educazione sentimentale e nemmeno per la formazione professionale, fa altro. La struttura scolastica può essere resa disponibile, ma c’è bisogno di personale specificamente formato per sostenere questi ragazzi difficili che spesso abbandonano molto presto la scuola, a sua volta colpevole di attuare meccanismi espulsivi nei loro confronti. Il progetto Chance, per esempio, era un modello da seguire e replicare, ma è stato chiuso da tempo».

laboratorio di ceramica di Andrea Sola allo “Scugnizzo Liberato”

Quindi a suo parere cosa servirebbe?

«Scuole alternative dove i ragazzi difficili possano imparare ciò che gli serve. Cose pratiche, che possano essere utili al loro futuro. I ragazzi sono ricettivi, la cosa importante è dare un senso a quello che gli si propone di fare. Finalizzare gli interventi, questo è fondamentale».

Sulle baby gang è scontro tra i sostenitori del “più repressione” e quelli del “più educazione”. Che ne pensa a tal proposito?

«Io non credo che il controllo del territorio da parte delle istituzioni sia da mettere in alternativa al recupero. Sarebbe assurdo: le due cose devono andare avanti insieme. Naturalmente sono contrarissimo alla penalizzazione precoce dei minori, mentre sarebbe molto utile far pesare penalmente sui genitori il comportamento dei minori. “

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