Benché si faccia un gran parlare di Recovery plan, ci sono altri fondi a cui l’Italia può accedere. Ben 38miliardi ad essere precisi, ma con una data di scadenza fissata al 2023. Ma da dove vengono questi soldi? E perché hanno una “data di scadenza”?
Fondi di programmazione
Sono la principale modalità con cui l’Unione Europea ridistribuisce le quote che riceve da ogni stato membro e, nello specifico, questi fondi di riprogrammazione riguardano l’arco 2014-2020. Devono essere obbligatoriamente spesi per finanziare programmi operativi regionali, nazionali e di sviluppo rurale normalmente finanziati dal Fondo di sviluppo regionale (Fesr), Fondo sociale (Fse) e Fondo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr). Questi fondi vanno ad articolarsi nei programmi italiani Por (Programma Operativo Regionale), Pon (Programma Operativo Nazionale) e Psr (Programma di Sviluppo Rurale).
Perché utilizzabili fino al 2023? Proprio per la natura di questi fondi, devono essere impiegati in maniera rapida, altrimenti verranno cancellati dalla clausola del disimpegno automatico.
Dove investire
Benché quasi tutti i programmi abbiano raggiunti gli obiettivi di spesa prefissati, restano tagliati fuori i su detti 38miliardi che sarebbe bene investire (visto che non saranno reintegrati ma letteralmente persi). Uno dei programmi che meno ha sfruttato i fondi è stato il Pon Legalità che ha, al momento, certificato solo 115 milioni su una disponibilità di 693 milioni, il che ci porta ad avere ancora 578 milioni da investire.
Preoccupante anche la situazione del Por Fesr Sicilia che, se comprendiamo anche la quota del Psr, restano 4,2 miliardi non ancora investiti. Non ne esce bene neanche la Campania, che per i tre fondi deve ancora decidere come investire la dote di 4 miliardi.
Il problema
In parole povere: i fondi ci sono, sono stati in parte programmati (in parte, non tutti) e queste programmazioni sono solitamente fatte su base annuale. Il quadro che ne esce è disomogeneo, con regioni che invece hanno già deciso su cosa e come investire i fondi (come la Puglia) ricevendo anche menzioni dalla Commissione europea. Non ci si può adagiare sugli allori: se si continua con questi numeri su base annua, l’Italia non riuscirà a spendere tutti i fondi a cui ha attualmente diritto, e tutto ciò è anacronistico.